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Gli OLED per le comunicazioni ottiche: realizzato un collegamento a 1gigabit al secondo

E' dalla seconda metà del ventesimo secolo che si studiano le tecniche di telecomunicazione ottica che, dopo qualche decennio di evoluzione, hanno permesso di realizzare per esempio i collegamenti in fibra ottica. Perché proprio la trasmissione ottica, in luogo di quella elettrica? I vantaggi sono svariati: bassa interferenza, minor attenuazione (cioè minor necessità di amplificare il segnale) e quindi minor potenza necessaria.

Quando si pensa alle telecomunicazioni ottiche ci si immagina facilmente sistemi di comunicazione su lunghe distanze, ma più recentemente la ricerca tecnologica si sta concentrando anche sulla possibilità di riuscire a portare questo paradigma anche nelle comunicazioni intra- e inter- dispositivo. Per fare ciò serve un elevato grado di miniaturizzazione, oltre ad individuare una strada economicamente sostenibile. Gli elementi che permettono, nel concreto, di costruire soluzioni di trasferimento dati su tecnologia ottica tendono infatti ad essere economicamente impegnativi, per via del costo della sorgente luminosa, del modulatore (che serve per codificare l'informazione in pulsazioni luminose) e del mezzo di trasporto.

Ci si potrà chiedere, a questo punto, se l'impiego di una fonte OLED potrebbe risolvere le esigenze di miniaturizzazione e almeno in parte i problemi di costo della fonte luminosa. E' una buona idea, sulla carta, perché gli OLED sono piuttosto economici da produrre e possono anche essere stampati su pressoché qualsiasi superficie, anche flessibile e spianare la strada ad applicazioni svariate come ad esempio l'integrazione economica in formati lab-on-a-chip per la diagnostica point-of-care con dispositivi usa-e-getta, oppure l'impiego in forme di comunicazione sicure, anche contactless, tra dispositivi consumer e sensoristica o ancora per applicazioni di imaging.

Ci ha già pensato qualcuno, spendendosi in test e ricerche: fino ad ora però è stato possibile ottenere una velocità di comunicazione di appena 51 megabit al secondo, insufficiente per qualsiasi tipo di impiego moderno. Fino ad ora, abbiamo detto: è di recente pubblicazione, su Nature Communications, una ricerca che ha dimostrato la possibilità di realizzare un trasferimento dati ad oltre 1 gigabit al secondo anche con una fonte OLED. Si tratta di un miglioramento di 20 volte rispetto a quanto realizzato in precedenza.

Perché gli OLED sono poco adatti allo scopo della comunicazione ottica? Il problema principale è rappresentato dalla velocità di switching, cioè dalla velocità con cui un OLED può accendersi e spegnersi. Le comunicazioni sono infatti codificate in binario, e una stringa di valori 0 e 1 corrisponde ad un susseguirsi di "acceso" e "spento". La velocità con cui un OLED può modificare la sua luminosità è determinata da due elementi: una è la velocità con cui gli elettroni passano nella molecola organica che costituisce il LED, l'altra è la struttura dell'OLED che prevede una fase di carica/scarica simile a quella di un condensatore. Questi due elementi rendono l'accensione e lo spegnimento lenti per qualsiasi tipo di impiego di comunicazione.

Per poter aggirare il problema i ricercatori hanno quindi pensato di partire con la riduzione della capacità elettrica, cioè la quantità di carica elettrica che il diodo può accumulare. La strada più semplice è stata pertanto quella di ridurre l'area dell'OLED e nel corso di tre generazioni di prototipi i ricercatori hanno condotto i loro esperimenti con OLED di dimensioni via via più piccole. Tutto ciò, però, ha un rovescio della medaglia: la quantità di luce emessa dall'OLED diminuisce dal momento che vi sono meno molecole di sostanza organica stipata tra gli elettrodi. La riduzione dell'area dell'OLED ha quindi un limite che non può essere superato, altrimenti l'intensità luminosa non sarebbe sufficiente per alcunchè.

Durante le sperimentazioni i ricercatori hanno riscontrato un ulteriore limite: l'impossibilità di superare i 5V di tensione pena il danneggiamento irrimediabile dell'OLED. Non si tratta di un problema intrinseco delle molecole, è invece l'intero diodo che si surriscalda diventando inutilizzabile. Si tratta di una condizione fortemente limitante, perché la velocità di movimento degli elettroni è dipendente dalla tensione: più è alta, più rapidi possono essere i tempi di switching. A questo punto i ricercatori si sono orientati verso metodi che permettessero di riuscire a ridurre il problema del surriscaldamento. Per fare questo è stato utilizzato un substrato di silicio, al posto del vetro, per dissipare calore dal diodo così da poter aumentare la tensione senza incorrere in danneggiamenti strutturali.

Per abbassare ulteriormente i tempi di switching si è poi provveduto a ridurre la resistenza tra gli elettrodi. Gli OLED fanno uso di elettrodi trasparenti di ossido di indio-stagno, materiale che ha un'elevata resistenza. Si è optato invece per uno strato sottile d'argento e per uno strato più spesso di alluminio, sui quali sono stati incisi dei solchi per ridurre ulteriormente la resistenza. Infine è stata cambiata la composizione chimica dell'OLED usando due materiali organici che hanno permesso di ottenere una risposta più rapida. Il risultato di tutti questi piccoli miglioramenti? Una larghezza di banda nell'ordine di qualche centinaio di MHz, sufficiente per riuscire a realizzare una comunicazione (tramite tecniche di modulazione e correzione d'errori) di 1 gigabit al secondo su una distanza di due metri.

I ricercatori affermano che i risultati di questo progetto dimostrano che gli OLED potrebbero essere adatti per una vasta gamma di applicazioni potenziali dove è necessaria una rapida modulazione della luce, dalle comunicazioni sicure alla diagnostica point-of-care, all'imaging e ranging ottico. Si tratta di principi che possono dimostrare inoltre la capacità di realizzare dispositivi elettronici organici più veloci rispetto a quanto originariamente si pensasse.