Asus Republic of Gamers (ROG) ha annunciato le cuffie ROG Strix Go 2.4, le prime wireless dotate di un dongle USB C. ROG Strix GO 2.4 sfrutta una connessione da 2,4 GHz per garantire una trasmissione audio istantanea su dispositivi mobile o Nintendo Switch.
Le ROG Strix Go 2.4 sono indicate anche per giocare su PC o console grazie a una portata massima di 20 metri. La nuova cuffia beneficia inoltre di un ingresso da 3,5 mm per la compatibilità con Xbox One e PS4, oltre a fornire un’alternativa in caso di batteria scarica.
Queste cuffie pesano solo 290 grammi e hanno un design pieghevole che ne permette un facile trasporto all’interno di una custodia in cui inserire anche gli accessori.
Le ROG Strix Go 2.4 hanno un microfono con cancellazione attiva del rumore, il cui algoritmo si basa su un database di oltre 50 milioni di registrazioni e decine di migliaia di ore di apprendimento per identificare e isolare con precisione fino al 95% dei rumori ambientali, dal rumore della tastiera alle voci in sottofondo.
Il microfono è rimovibile e ce n’è anche un secondo nascosto per l’utilizzo in movimento. Entrambi i microfoni sono dotati di tecnologia di cancellazione del rumore intelligente e certificati dalle principali app di comunicazione tra cui Discord e TeamSpeak.
Le ROG Strix Go 2.4 garantiscono 25 ore di autonomia e fino a 3 ore di utilizzo con una ricarica di appena 15 minuti, permettendo così di godere di lunghe sessioni di gioco senza preoccupazioni.
Grazie al design a camera stagna e ai driver Asus Essence da 40 mm, le nuove cuffie puntano a garantire un suono cristallino, ricco e bassi ottimizzati. Le Asus ROG Strix Go 2.4 saranno disponibili a partire da gennaio.
Philips porta sul mercato un televisore pensato per offrire oltre ad una eccellente resa video anche una superba qualità audio, grazie al Dolby Atmos e ad una soundbar creata da B&W. L’abbiamo provato.
L’audio è importante quanto il video, anzi, con un buon audio è stato più volte dimostrato che un televisore si “vede” meglio per il coinvolgimento emotivo dato da un sonoro di qualità, incisivo e avvolgente. Philips si gioca con il nuovo OLED 934 la carta B&W, storico audio inglese con il quale ha firmato una partnership negli scorsi anni. Sulla gamma precedente B&W era intervenuta solo in fase di tuning: i prodotti erano ormai fatti, non si poteva riprogettare nulla. Sul nuovo modello B&W ha disegnato invece la bellissima soundbar che si stacca dalla base, perfettamente integrata con il televisore e capace lei stessa, con la sua sagoma particolare, di diventare parte integrante del design del TV. Un design minimal come sempre, dove la cornice sottilissima del pannello OLED non si differenzia da quella degli altri produttori, anche il bordo in metallo che supporta il vetro è praticamente lo stesso. Philips è stata però intelligente e ha sfruttate due funzionalità uniche per costruire un design che non è facilmente copiabile: da una parte la soundbar, dall’altra l’ambilight, che con il TV installato a parete o appoggiato su una mensola toglie gli occhi dall’ormai “già vista” cornice del TV e li sposta verso le proiezioni colorate che si muovono sulla parete. Montato sullo stand, davvero elegante, il TV ha anche un piccolo angolo di rotazione che permette di girarlo leggermente verso destra o sinistra.
Il TV non è sottilissimo o meglio, è sottile quanto ogni OLED tuttavia per i montaggio a parete la staffa lo tiene leggermente separato e la stessa base, abbastanza profonda, non permette se appoggiato ad un mobile di tenerlo troppo a ridosso della parete. Due accorgimenti necessari per sfruttare al meglio la diffusione dell’ambilight.
Niente porte HDMI 2.1, ma non è un grosso limite
La posizione delle porte sul retro è decisamente intelligente, con le porte montata a filo in modo da non ostacolare installazioni particolari. Ormai tutti i televisori hanno “tutto”, quindi c’è ovviamente il doppio tuner T2 HEVC, c’è la porta di rete, ci sono le USB con una dose di corrente e banda adeguata per gestire anche hard disk e contenuti 4K e ci sono quattro porte HDMI, le uniche che forse interessano perché rappresentano una discriminante in fase di scelta.
Il Philips, come tutti gli altri TV del 2019 fatta eccezione per la gamma LG, ha ancora porte HDMI 2.0 e non porte HDMI 2.1. Non sarebbe un grosso problema se fossero implementate funzioni come la gestione del frame rate elevato da HDMI o il variabile refresh rate per il gaming, ma nessuna di queste porte le ha. Sono porte HDMI a piena banda, tutte capaci di accettare segnali 4K a 60 10 bit wide color, tutte con canale audio di ritorno e con un input lag che scende a circa 35 millisecondi quando si attiva la modalità gaming.
Sul retro del TV c’è anche la connessione proprietaria per la soundbar: il numero di connettori e il tipo di connessione ci hanno lasciati un po’ perplessi, perché il cavetto è davvero sottile. Dove risiede l’amplificazione della soundbar, nel TV o nella soundbar stessa? Nel primo caso ci sarebbero dovuti essere diversi cavi capaci di portare i segnali amplificati ai vari speaker su diversi canali, di ampia sezione, ma non ci sono. Nel secondo caso oltre alla coppia di cavi per il segnale in ingresso ci sarebbe dovuta essere una alimentazione comunque generosa, ma non sembra esserci. Il consumo del Tv calibrato, circa 158 watt, lascia pensare che comunque l’amplificatore della soundbar non sia potente quanto quello di una normale soundbar esterna.
Telecomando così così. E Chromecast ogni tanto fa i capricci
Il Philips 934 utilizza Android 9 come piattaforma di base, ed è davvero difficile distinguerlo da Android 8, la struttura è praticamente la stessa. Le prestazioni sono buone, non eccelse in termini di velocità, il sotto Android che avrebbe bisogno di un SoC un po’ più potente di quello che spinge le smart TV dei vari produttori. A complicare la situazione ci pensa poi il telecomando che Philips accompagna all’unità, dotato di microfono per Google Assistant e con tastiera sul retro da usare per inserire testi e password. La tastiera è indubbiamente utile in qualche caso, ma durante la normale esperienza TV l’avremmo usata un paio di volte. La parte frontale è una accozzaglia di tasti molto simili nelle dimensioni, e fortunatamente c’è il pad direzionale che aiuta almeno a moverai all’interno dei menu perché gli altri tasti, oltre ad essere simili e un po’ “diffusi”, non sono nemmeno troppo riconoscibili. Philips ha usato infatti una finitura che sembra quasi essere un grigio su grigio e capire cosa c’è scritto su ogni tasto se non c’è tanta luce non è semplice, si deve andare a memoria.
L’interfaccia di Android 9 è come sempre costruita e appoggiata sul sistema operativo del TV, due sistemi che lavorano insieme: uno gestisce tutta la parte di impostazioni legata a video, audio, rete, l’altra gestisce la smart TV. La separazione dei due sistemi, che Sony ha cercato di ridurre al minimo, sul Philips è ancora netta e marcata, come resta anche un richiamo alla vecchia “App Gallery”, piattaforma smart di Philips usata sui TV pre-android. Alcune app, infatti, sono ancora inserite in questa piattaforma smart inclusa nella piattaforma smart.
La presenza di Android garantisce ovviamente la presenza anche delle app per Android Tv, e ci sono ovviamente Netflix, Amazon Prime Video, Rakuten, Chili, YouTube e DAZN, le app che un utente si aspetta. Per il resto c’è Chromecast, integrato e qualche volta un po’ capriccioso: in qualche caso infatti non prende lo streaming, in altri si comporta in modo strano.
Se si invia un contenuto da Netflix Chromecast richiede che Netflix sia configurato con lo stesso account sul TV, mentre se si fa la stessa cosa con Prime Video questo non viene richiesto. Con Now TV in molti casi abbiamo ricevuto un messaggio di errore, e anche con qualche altra app non è stato facile far partire lo stream di Chromecast. Non è la prima volta che capita con la piattaforma Chromecast di Android TV, che meriterebbe un po’ più di attenzione da parte di Google.
La cosa bella, in relazione al software, è la disponibilità di Philips ad aggiornare regolarmente il sistema e la piattaforma: ci sono TV negli anni passati che hanno ricevuto decine di aggiornamenti per bugfix, sicurezza e per aggiungere funzioni.
Sintonia facile, ma Hbb a volte è troppo lento
Le operazioni di sintonia avvengono da un’unica schermata per digitale terrestre e satellite, per quest’ultimo poi c'è la complicazione del doppio sintonizzatore che impone un ulteriore passaggio. Per il dtt operazioni abbastanza rapide con buona sensibilità e fase di risoluzione conflitti LCN per poter assegnare i canali Mediaset HD la posizione migliore. Sul satellite, una volta individuato Hot Bird come fonte di segnale, l’apparecchio ci chiede di scegliere il pacchetto LaTivù anziché la corretta definizione Tivùsat, ma il risultato è lo stesso e la lista è probabilmente precaricata perché viene visualizzata molto rapidamente. Il passaggio dal dtt al satellite necessita del richiamo del menù sorgenti con tasto dedicato del telecomando. La cam Tivùsat viene riconosciuta rapidamente mentre lo zapping sui canali 4K lamenta qualche secondo di attesa, ma meno di altri concorrenti. Per quanto riguarda i contenuti Hbb l’applicazione Rai si apre con una certa lentezza nel caricamento, molto più rapido l’accesso a Mediaset Play e a Dplay; nessun contenuto invece da Sportitalia e non si apre nemmeno Tivùon tramite Mediaset Play, con la comparsa di un messaggio di errore sullo schermo.
L'audio è targato B&W. E si sente
La sezione audio di questo televisore è rappresentata da una vera e propria soundbar separata che si fissa sotto allo schermo del televisore e ne diventa la base quando il tv è poggiato su un ripiano, anche il collegamento di segnale al tv è separato tramite un connettore proprietario che va maneggiato con cura perché non proprio robustissimo nella zona vicino al terminale. La soundbar separata del prestigioso marchio britannico è una soluzione esclusiva che potrebbe diventare un vero criterio di scelta verso questo tv.
Ma partiamo dai dati tecnici dichiarati: nella soundbar troviamo un sistema stereo con subwoofer integrato e potenza complessiva di 50 watt RMS. Gli altoparlanti utilizzati sono un midwoofer e un tweeter per canale oltre a un subwoofer, l’accordo reflex è posteriore. Il tv è compatibile con il Dolby Atmos e ha numerose impostazioni possibili. Nel menù dedicato si possono impostare le consuete varianti DSP per film, musica, parlato oppure una posizione AI dove è il tv a scegliere la migliore configurazione in base al tipo di programma da riprodurre; una ulteriore posizione personale consente di inserire il Dolby Atmos e impostare un equalizzatore a cinque bande. La qualità del diffusore impone di dedicare del tempo a queste impostazioni se si vogliono raggiungere i migliori risultati. Inoltre il diffusore permette di cogliere molto bene le differenze di qualità tra le diverse emissioni, complicando la situazione e mettendo in luce anche i difetti. Quindi bisognerà sempre scegliere un canale tv HD o UHD e uno streaming della qualità migliore possibile. Detto questo la qualità audio generale è molto buona, con bassi importanti ma mai rimbombanti e voci ben calibrate, sugli acuti invece dipende molto dalle impostazioni perché la resa si può indurire se si alza troppo il volume. In tema di surround si può notare una precisa collocazione degli effetti frontali ma di effetti surround francamente ce ne sono pochi. Impostando la posizione film qualcosa in più si percepisce ma si poteva fare di più.
L’inserimento del Dolby Atmos non porta particolari benefici, anche riproducendo film in blu-ray con questa codifica e manca l’impatto dei più forti effetti speciali che potrebbe dare solo un subwoofer separato (collegabile in opzione). Con contenuti musicali non si può gridare al miracolo e anzi gli acuti possono diventare prevalenti. Tutto sommato conviene impostare la posizione AI che trova quasi sempre il miglior compromesso senza dovere ogni volta cambiare le impostazioni, comunque l’impronta sonora di B&W è avvertibile e giustifica il supplemento di prezzo del tv: il suono è corposo e nitido, non si fa notare con effetti speciali o rimbombi ma si apprezza con tutti i tipi di programma.
Ottima calibrazione e una perfetta gestione delle ombre
Il pannello del Philips 934 è lo stesso identico pannello che LG consegna anche agli altri produttori, e lo si capisce subito dal riflesso che produce quando lo mettiamo nella nostra sala prove. Un pannello che ogni produttore gestisce poi a seconda dei propri gusti agendo sul controller e sul limitatore di luminosità che consente di regolare il picco raggiungibile. In questo caso il TV ha fatto registrare livelli di luminosità simili a quelli dei modelli dello scorso anno, circa 900 nits su un’area molto piccola, 730 nits al 10% di finestra e 140 nits con lo schermo tutto bianco. Valori allineati a quelli degli altri produttori, e non devono preoccupare più di tanto: non si arriverà mai con questa generazione di pannello ad avere né una luminosità di picco maggiore e neppure un volume colore maggiore.
Il TV gestisce HDR 10+ e Dolby Vision, e come sempre Philips ha un approccio totalmente diverso per quelli che sono i parametri di visione rispetto a una Panasonic o a Sony. Il TV usa un processore P5 di ultima generazione e i responsabili della qualità del TV sono talmente fiduciosi nelle prestazioni del processore P5 che i vari filtri di miglioramento dell’immagine sono attivi un po’ su tutti i profili, inclusi quelli ISF giorno e notte che dovrebbero essere i due profili destinati alla visione da “purista”.
Qualcuno potrebbe anche apprezzarli, noi li abbiamo praticamente eliminata fatta eccezione in qualche caso per la compensazione del moto che abbiamo portato al minimo. Fatto questo il televisore mostra una eccellente resa, e quello che colpisce è anche la buonissima calibrazione di fabbrica. Philips all’interno dei menu permette di agire su ogni parametro, ha una regolazione della linearità su 20 punti, ha un CMS completo, ma trattandosi di un TV privo di funzioni di calibrazione automatiche lo abbiamo provato tenendo questo in considerazione, quindi senza cercare una calibrazione manuale. Lo abbiamo guardato come Philips lo vende, e il profilo ISF offre una resa davvero soddisfacente quando si guardano contenuti SDR mentre con materiale HDR consigliamo la scelta del profilo “Movie”, il profilo ISF tende infatti a limitare la luminosità rendendo l’immagine meno dinamica e pungente di quella che è realmente.
Ottimo il controllo nella parte bassa, quella zona attorno al 5% di bianco dove i TV OLED soffrono solitamente di un po’ di banding: il nostro esemplare era incredibilmente pulito, e il controllo sulle basse luci, anche nel near black, accurato e preciso.
Molto buono anche il livello raggiunto in fase di upscaling del processore: sia con la TV sia con contenuti da sorgente esterna, decoder Sky o console da gaming, la trasformazione del segnale da Full HD a 4K è impeccabile. Un traguardo questo raggiunto ormai da tutti i TV.
Nel complesso ci troviamo davanti ad un TV che si vede benissimo, a patto di disattivare tutti i filtri di cui questo TV dispone, che come da tradizione sui TV Philips sono tanti e non sempre piacciono a chi preferisce guardare la TV al naturale.
Siamo arrivati ad un livello dove il “si vede meglio di questo o di quello” è relativo: da anni abbiamo davanti lo stesso pannello e chi negli scorsi anni aveva staccato gli altri quest’anno è stato raggiunto. Un Philips 934 non è affatto diverso da un Sony o da un LG se prendiamo il TV, lo tiriamo fuori dalla scatola, spegniamo qualche filtro e lo mettiamo in modalità “film”. Per vedere differenze sui TV OLED di oggi, comunque marginali, serve una calibrazione precisa, materiale di qualità e anche una certa sensibilità che non tutti hanno.
Huawei Band 4 Pro è ufficiale a poco più di un anno di distanza dal precedente modello: chi aspettava un cambiamento significativo della smartband del produttore cinese resterà però deluso, perché, schede tecniche alla mano, le differenze estetiche sono scarse e l'hardware è rimasto sostanzialmente invariato. Una differenza documentata riguarda le colorazioni disponibili nera, rossa e rosa - solo nero e blu per la precedente Band Pro.
Le novità, un po' come avvenuto nel passaggio da Honor Band 4 a Honor Band 5 (qui la nostra recensione), sono riconducibili principalmente al software, alle ottimizzazioni ed ai cambiamenti dell'interfaccia utente. Band 4 Pro ripropone comunque i punti di forza del precedente modello: è dotata di GPS, può calcolare il livello di ossigeno nel sangue, monitora il battito cardiaco con la tecnologia TruSeen giunta versione 3.5 (3.0 nella Band 3 Pro) e può essere usata con smartphone Android (4.4 e versioni successive) e iOS (9.0 e successive).
Lo schermo è sempre a colori, un AMOLED da 0,95" con risoluzione da 240 x 120 pixel, circondato da una cornice metallica; il cinturino è in silicone, mentre il peso complessivo è di 25 grammi. Sono presenti l'interfaccia Bluetooth 4.2, il chip NFC (quanto meno nella versione lanciata in Cina), e un sensore di accelerazione a 6 assi. Nessuna variazione nemmeno sul fronte della batteria rispetto ad Honor Band 3 Pro - ha sempre una capacità di 100 mAh, ma non è da escludere che le modifiche software permettano di migliorare l'autonomia - e per quanto riguarda il grado di impermeabilità (sempre 5ATM, da intendere correttamente).
Huawei Band 4 Pro è disponibile in preordine a partire da oggi, 5 dicembre, in Cina, mentre l'effettiva disponibilità è prevista per il 12 dicembre. Il prezzo è di 399 yuan, ovvero circa 50 euro al cambio diretto, tasse escluse. Si potrebbe ipotizzare anche un arrivo sul mercato europeo, ma tempistiche e prezzi sono da definire - per avere un parametro di riferimento, il precedente modello è stato venduto in Italia a 99 euro, quindi viste le affinità è possibile prevedere una cifra analoga.
Nell'attesa potrebbe non essere un'idea sbagliata approfittare del calo di prezzo che ha ricevuto il precedente modello.
Non è la prima volta che emergono indiscrezioni sull'argomento, ma siamo sempre più vicini all'annuncio ufficiale di una Canon EOS R con un nuovo sensore a maggiore risoluzione. La versione attualmente presente sul mercato ha un sensore da 30,1 MPixel mentre la nuova EOS Rs (nome attualmente non confermato) potrebbe arrivare a più del doppio.
Si tratterà ovviamente di una mirrorless full-frame ma questa volta ci troveremo di fronte a una Canon EOS R con sensore da ben 75 MPixel, anche se la risoluzione non sarà tutto. Infatti ci saranno novità per quanto riguarda la gestione della gamma dinamica che sarà migliorata rispetto agli attuali modelli.
Per quanto riguarda la capacità di scatto, nonostante la mole superiore di dati da gestire, la nuova Canon EOS R ad alta risoluzione sarà simile alla soluzione che è già possibile acquistare ora. Il cuore pulsante invece sarà un processore DIGIC 9.
Finalmente, dando ascolto agli utenti, ci sarà un doppio slot per le schede di memoria permettendo così il backup e garantendo una maggiore sicurezza dei dati.
Ci sarà poi un design diverso che prenderà in prestito una delle caratteristiche di EOS-1D X Mark III che sarà ufficializzata nel corso del prossimo anno. Nella zona posteriore ci sarà infatti un joystick per svolgere diverse funzioni. Non ci sarà invece la barra multifunzione a scorrimento.
Non mancherà poi un nuovo EVF con risoluzione superiore a quello di Canon EOS R e ai suoi 3,69 milioni di pixel. Anche lo schermo LCD sarà più versatile ed ergonomico permettendo di ruotare in moltissime posizioni. Ci sarà poi un corpo macchina completamente a prova di agenti atmosferici con la mirrorless full-frame che potrà essere impiegata in ogni condizione.
L'annuncio dovrebbe avvenire a Febbraio 2020 e quindi anche in questo caso in tempo per riuscire a entrare in commercio le Olimpiadi di Tokyo 2020.
Manca ancora un anno alla prossima generazione di console, ma più passano i mesi e più si delinea l'identikit dell'hardware che troveremo su PlayStation 5 e su Xbox Scarlett. Oggi si aggiunge un nuovo tassello al mosaico e questo ci arriva da... Samsung!
Si perché, durante l'ultimo Samsung SSD Forum 2019 tenutosi a Tokyo, la casa di Seoul ha toccato un tema inaspettato, ovvero quello degli SSD da gaming, facendo menzione esplicita alle console che verranno rilasciate nel 2020. Il discorso è stato accompagnato da una slide che illustra (senza però mostrare i numeri) i miglioramenti introdotti nei tempi di caricamento del sistema operativo e di un gioco (Monster Hunter: World) grazie all'adozione di un SSD NVMe ottimizzato appositamente.
Insomma, sebbene non siano chiare le specifiche di questi nuovi SSD, sembra proprio che Samsung sia coinvolta in prima persona nello sviluppo di quelli che troveremo sulle console di nuova generazione. Al momento Sony e Microsoft non hanno ancora confermato nulla, ma è probabile che nel corso dei prossimi mesi ne sapremo di più. D'altronde il lancio è atteso per la fine del 2020, quindi ci aspettiamo che entrambe le piattaforme vengano svelate tra poco più di 7 mesi, in occasione dell'E3 2020.