Windows 10 è installato sui computer della maggior parte degli utenti da ormai qualche anno, ma nonostante sia in circolazione da tempo, i più affezionati alle vecchie versioni del sistema operativo di Microsoft proprio non riescono a digerire alcuni aspetti della nuova versione. Uno degli elementi più criticati è il menu Start: alcuni lo ritengono confusionario, altri non amano per nulla la grafica con le “live tile”. Microsoft ha lavorato molto per migliorarlo, ma molti utenti non sono ancora soddisfatti. E se vi dicessimo che c’è un modo per riavere il menu Start di Windows 7?
Stiamo parlando di Open Shell, software che sicuramente i più smanettoni di voi già conosceranno. Si tratta di un programma rilasciato per la prima volta nell’ormai lontano 2009 con il nome di Classic Shell, che permette proprio di far tornare il menu Start di Windows 7 su Windows 8 e Windows 10.
Open shell aveva già avuto il suo momento di gloria con Windows 8, grazie alla possibilità di bypassare il discutibile menu Start a tutto schermo e arrivare direttamente al Desktop. Su Windows 10 Open Shell si propone come un’ottima soluzione per i nostalgici, che vogliono a tutti i costi rimettere il menu Start che trovavamo in Windows 7.
L’utilizzo del programma è molto semplice: basterà scaricare il pacchetto d’installazione dalla pagina Github dedicata e avviarlo. Durante il setup ci verrà offerta la possibilità di “invecchiare” l’interfaccia non solo del menu Start, ma anche di Explorer e del browser; nel caso non ci interessi, basta rimuovere le spunte dalle voci Classic Explorer e Classic IE.
Open Shell offre la possibilità di scegliere tra tre diverse versioni del menu Start: la prima mostrerà solamente le applicazioni usate di recente e la lista di tutti i programmi, la seconda affiancherà le impostazioni alle app più usate, la terza infine ricreerà esattamente il menu Start di Windows 7.
Al termine dell’installazione, una ricca schermata di opzioni ci permetterà di personalizzare maggiormente il menu, oltre che di gestire varie opzioni del software. Diteci, lo proverete?
Non si può dire che Motorola si stia adagiando sugli allori negli ultimi tempi: in mattinata abbiamo parlato del Moto G 5G e ora è il turno del presunto successore del Moto G9 Play. A pubblicare le prime indiscrezioni sullo smartphone è una fonte rivelatasi in altre occasioni attendibile: OnLeaks ha pubblicato le immagini rendering dalle quali è possibile ricavare alcune conferme sulle caratteristiche tecniche.
I dettagli sulla componentistica impiegata non sono noti, ma si sa che:
Lo smartphone è identificato dal model number XT-2117
Il display dovrebbe avere una diagonale di circa 6,5"; le cornici che lo racchiudono sono abbastanza contenute, il mento inferiore è un po' più pronunciato
La fotocamera posteriore è tripla; l'elemento quadrato che racchiude gli obiettivi è leggermente sporgente
La fotocamera anteriore è collocata in un foro posizionato nell'angolo superiore sinistro dello schermo (nel G9 Play si trovava nel notch a goccia)
È presente il jack cuffie da 3,5mm sul bordo superiore
Il lettore di impronte è sul bordo laterale e non più nella parte posteriore come nel caso di altri smartphone di Motorola - compreso il già citato Moto G9 Play
Le dimensioni sono pari a 165,3 x 75,4 x 9,5 mm
La batteria dovrebbe avere una capacità di 4.850 mAh - il dato si ricava dalla certificazione FCC relativa ad un prodotto identificato dallo stesso model number
Il nome commerciale del prodotto resta da definire. Si potrebbe azzardare, per logica, un Moto G10 Play, ma bisognerà attendere conferme più certe.
Si attendono ulteriori dettagli anche per quanto riguarda la data di presentazione e i mercati in cui verrà distribuito il prodotto. Si ricorda che l'attuale G9 Play è arrivato in Italia non più tardi di due mesi fa, commercializzato al prezzo di listino di 229 euro. Ipotizzare l'arrivo di un successore a stretto giro non sembra una strategia plausibile, almeno per il mercato italiano. Non è quindi da escludere che il lancio riguarderà inizialmente altri Paesi (anche il G9 Play è stato lanciato prima in India).
HMD Global sta preparando Nokia 10 PureView. Questa è la notizia che trapela da NokiaPowerUser, da sempre fonte autorevole che parla con cognizione dello storico marchio Finlandese.
La fonte aggiunge che lo smartphone sarebbe attualmente sotto forma di prototipo e i test starebbero proseguendo con l’ausilio del potentissimo Snapdragon 875 che sarebbe già stato consegnato agli OEM.
Nokia 10 PureView è atteso per la seconda metà dell’anno e, anche se ancora è presto per avere un’immagine, sarà adottato un design moderno. Talmente moderno che si parla di una fotocamera frontale sotto al display. Sarebbe sicuramente uno dei primi, anche se arrivasse tra tanti mesi.
E poi c’è il fiore all’occhiello: la fotocamera posteriore. Questa riproporrà 5 sensori come il Nokia 9 PureView ma, ovviamente, aggiornati e capaci di scattare foto ancora più di qualità. Il sensore principale produrrà foto dalla risoluzione massima di 108 MP e potrà registrare video in risoluzione 8K.
Ma quindi Nokia 10 PureView, in verità, è il Nokia 9.3? Non proprio. Dovrebbero essere due smartphone diversi con quest’ultimo che potrebbe essere lanciato nella prima parte del 2021. Il modello con Snapdragon 875 arriverebbe solo dopo.
Nokia 9.3 avrà a disposizione il SoC Snapdragon 865 e consideriamo Nokia 10 PureView un gradino superiore, parte imaging inclusa. Oltre al SoC ci sarebbe una multimedialità capitanata da una fotocamera con un sensore principale da 64 MP.
Con la recensione del Samsung 980 Pro da 512 GB torniamo a parlare di SSD PCIe 4.0 NVMe, ma lo facciamo con un modello consumer che sfruttando un controller tutto nuovo raggiunge velocità ben più alte dei primi modelli Gen 4 equipaggiati con il controller Phison E16. Passiamo infatti da 5000 MB/s a 6900 Mb/s con un raddoppio di velocità rispetto alle più rapide unità SSD PCIe 3.0. Un bello scatto frenato però in fase di scrittura, dove il limite è di 5000 MB/s contro i 4600 MB/s delle SSD Gen 4 di prima generazione. In ogni caso parliamo comunque di 1500 MB/s in più rispetto alle unità PCIe 3.0 e di una velocità di scrittura sequenziale dieci volte superiore a una SSD Sata III.
L'interfaccia PCIe 4.0
Le unità SSD Gen 4 sono le uniche componenti consumer che al momento sfruttano l'interfaccia PCIe 4.0, al momento vincolata esclusivamente alle schede madri X570 e B550 combinate con processori della serie Ryzen 3000. Ma la tecnologia sarà ovviamente tra le caratteristiche della serie Ryzen 5000, sempre abbinata alle schede madri della serie 500, e arriverà anche sulle piattaforme Intel con i processori Rocket Lake. Ed è a quel punto che ci aspettiamo che venga sfruttata non solo per la velocità di trasferimento, in una configurazione da gioco utile fino a un certo punto, ma per sfruttare la tecnologia NVIDIA RTX IO e il probabile analogo delle future schede Radeon.
Le nuove schede NVIDIA e le GPU RDNA 2, in arrivo a breve anche sulle console next gen, godono infatti di inedite tecnologie che riducendo il traffico di dati nel sistema e velocizzando la decompressione promettono caricamenti talmente veloci da poter essere utilizzati in funzione delle meccaniche di gioco, come abbiamo visto nel caso di Ratchet & Clank: Rift Apart per PS5. Non ci aspettiamo che su PC si vedano applicazioni di questo tipo prima di qualche anno, vista l'assenza di standard per gli storage che contano ancora un gran numero di comunque veloci unità Sata III, ma i vantaggi dovrebbero comunque essere tangibili nel caricamento dei motori grafici che sfruttano lo streaming dei dati, nei tempi di viaggio rapido degli open world e, ovviamente, nei tempi di caricamento a tutto tondo. Inoltre, pensando al futuro, l'utilità dello standard PCIe 4.0 al di fuori delle SSD potrebbe non essere troppo lontana. In un paio d'anni infatti, quando la potenza delle schede video arriverà probabilmente a doppiare quella di una RTX 2080 Ti, uno slot PCIe 3.0 X16 potrebbe trasformarsi in un limite.
Caratteristiche hardware
Ma torniamo alle SSD con la prestante unità Samsung 980 Pro che non può certo essere misurata solo in termini di lettura sequenziale. Nell'uso quotidiano sono infatti più importanti le prestazioni con i piccoli file che compongono giochi, applicazioni e archivi. Ma anche qui le promesse sono piuttosto alte con 1000000 IOPS in lettura e scrittura casuali per il modello da 1TB che in quanto a velocità di lettura sequenziale, tra l'altro, supera i 7000 MB/s. Il modello che ci è arrivato, invece, si ferma a 800000 IOPS (4K, QD32), ma risulta comunque sensibilmente più veloce delle unità Gen 3 di fascia alta, almeno su carta. Ed è in buona parte merito del controller Samsung Elpis che macina 120 flussi input/output superando di quattro volte le capacità del controller utilizzato per le precedenti unità della compagnia.
Al cambio di controller va poi aggiunta l'ottimizzazione della memoria V-NAND MLC che passa dai 2-bit dei precedenti drive Pro ai 3-bit, con i vantaggi del triple cell in termini di densità e quindi dimensioni delle SSD, conquistando comunque un 10% in prestazioni. Inoltre è aumentata la cache, che nel caso del modello da 500 GB è di 512 MB di LPDDR4, ed è quadruplicato lo spazio sfruttato dalla tecnologia Intelligent TurboWrite 2.0 che promette la velocità massima per trasferimenti di dati fino a 90 GB. Esauriti quelli, ma salvo rari casi è davvero difficile che accada, la velocità dovrebbe calare fino a 2000 Mb/s, ma solo per il tempo necessario al buffer di svuotarsi. Non dovrebbe incidere troppo, quindi, anche nel caso di chi ha intenzione di fare un uso professionale di una SSD che non costa poco. Parliamo infatti di quasi 170 euro per 500 GB, con una garanzia di 5 anni o di 300TB di scrittura, che sono ormai pochi visto il peso crescente dei giochi che per i tripla A si aggira intorno ai 100 GB e nel caso di Call of Duty: Warzone ha superato i 250GB. La velocità, però, fa gola e ci siamo premurati di verificarla in prima persona.
Benchmark
Installata l'SSD, utilizzando il dissipatore integrato della Gigayte X570 Aorus Master, non abbiamo avuto problemi di sorta creando il volume e verificandone integrità e temperature con il software Samsung Magician, ormai piuttosto funzionale e accattivante. Soddisfatti da temperature in idle intorno ai 30 gradi e sotto sforzo di massimo 55 gradi, ci siamo lanciati sul classico CrystalMark che ci ha dato conferma delle velocità massime del Samsung 980 Pro da 512 GB che sulla nostra configurazione ha toccato i 6883 Mb/s in lettura sequenziale, con una media di 6800 MB/s, e i 4930 Mb/s in lettura sequenziale, con una media di 4890 MB/s, arrivando nel primo caso a sfiorare la velocità massima e nel secondo avvicinandola a sufficienza.
Abbiamo invece usato Atto per avere un quadro chiaro delle velocità con file di diverse dimensioni, con circa 6300 Mb/s di media al di sopra dei 512 KB una volta superata la soglia del megabyte, laddove la velocità di scrittura si è mantenuta quasi sempre a 4550 Mb/s, scendendo di poco a 256 KB. Ed è addirittura salita a 128 KB e 64 KB, dove però è la velocità di lettura che si è abbassata, raggiunta da quella di scrittura a 32 KB, dove il calo prestazionale inizia a farsi netto. In lettura random 4K, comunque, parliamo di ottime velocità con oltre 550000 IOPS effettive che contribuiscono a una velocità effettiva di trasferimento, per una cartella da oltre 50GB, di circa 1910 MB/s. Ma anche se il salto per questo tipo di unità è netto, in termini di velocità effettiva non parliamo del doppio di una Samsung 970 EVO Plus. Lo scarto nel caso di una situazione tipica è del 40% e non lo ritroviamo, tra l'altro, nei tempi di caricamento della demo Final Fantasy XIV: Stormblood dove entrambe le unità si aggirano intorno agli 11.10 secondi. Ma d'altronde un'unità del genere non si prende in considerazione nell'ottica dei caricamenti, già minimi con qualsiasi SSD NVMe M.2. Quello che più conta in questo caso sono l'eventuale necessità di spostare grandi file e le prospettive future, tra longevità e tecnologie gaming in divenire.
G.Skill ha annunciato l'arrivo sul mercato di nuovi kit di memoria DDR4 da 32 e 64 GB (formati da due o quattro moduli da 16 GB) caratterizzati da una frequenza di 3600 MHz e latenze molto contenute, indicate in 14-15-15-35. A garantire questi numeri ci pensano i "soliti" chip Samsung B-die.
Le nuove soluzioni arriveranno in diverse linee di prodotto - Trident Z Neo, Trident Z Royal, Trident Z RGB e Ripjaws V - e per dimostrarne le capacità l'azienda taiwanese ha testato i moduli su diverse piattaforme sia per CPU AMD che Intel, come la Asus ROG Maximus XII Hero (WI-FI), la PRIME X570-P o la MSI MEG Z490 Godlike.
Questi nuovi kit potrebbero essere un buon complemento per chi punta a realizzarsi un PC polivalente, basato su CPU con un elevato numero di core come alcuni modelli delle famiglie Ryzen 3000/5000 o i Ryzen Threadripper 3000, per lavorare nel campo del rendering ma anche per giocare. I nuovi kit raggiungeranno il mercato nel corso delle prossime settimane, e anche se G.Skill non ha comunicato i prezzi, non ci aspettiamo listini esattamente popolari.