Apple ha rilasciato la versione definitiva dell’update che porta macOS Catalina alla versione 10.15.2. Questo aggiornamento arriva a 42 giorni di distanza dall’arrivo dell’update alla versione 10.15.1 e a due mesi dalla presentazione ufficiale del nuovo sistema.
Apple spiega che l’update a macOS 10.15.2 “migliora la stabilità, l’affidabilità e le prestazioni del Mac ed è consigliato a tutti gli utenti”.
In dettaglio, l’aggiornamento include i seguenti miglioramenti e risoluzioni di problemi:
Musica
• Ripristinata la vista a colonne del browser per gestire la libreria musicale.
• Risolto un problema che poteva impedire la visualizzazione delle illustrazioni degli album.
• Risolto un problema che poteva inizializzare le impostazioni dell’equalizzatore durante la riproduzione.
iTunes Remote
• Aggiunto il supporto per utilizzare iPhone o iPad per controllare le app Musica e TV sul Mac.
Foto
• Risolto un problema per il quale alcuni file .AVI e .MP4 potevano apparire come non supportati.
• Risolto un problema che impediva la visualizzazione delle cartelle create di recente nella vista Album.
• Risolto un problema per il quale le immagini ordinate manualmente in un album potevano essere stampate o esportate in ordine errato.
• Risolto un problema che impediva il funzionamento dello strumento di ritaglio con ingrandimento nell’anteprima di stampa.
• Risolto un problema che poteva causare l’apertura delle preferenze di Mail con una finestra vuota.
• Risolto un problema che poteva impedire al comando di annullamento di recuperare le e-mail eliminate.
Altro
• Migliorata l’affidabilità della sincronizzazione di libri e audiolibri su iPad o iPhone tramite il Finder.
• Risolto un problema per il quale i promemoria potevano essere in ordine errato nell’elenco smart Oggi nell’app Promemoria.
• Risolto un problema che poteva causare un rallentamento nelle prestazioni durante la digitazione nell’app Note.
L’update può essere installato su qualsiasi Mac con macOS Catalina: basta aprire le Preferenze di Sistema, selezionare “Aggiornamento Software” e installare gli update proposti.
macOS Catalina è disponibile come aggiornamento software gratuito per i Mac prodotti a partire dalla metà del 2012.
Stando a quanto affermato dal sito nipponico HKEPC, la nuova piattaforma Intel Z490 e i processori Core di decima generazione “Comet Lake” debutteranno sul mercato nel mese di aprile 2020. In base all’indiscrezione, intercorrerebbero quindi circa 3 mesi dall’annuncio della nuova offerta – che dovrebbe arrivare al CES di Las Vegas di gennaio – e l’effettivo arrivo sugli “scaffali”.
Per quanto sappiamo finora (e sono informazioni ormai piuttosto solide), Comet Lake non è altro che l’ennesimo progetto a 14 nanometri che porterà le CPU Core ad avere un massimo di 10 core e 20 thread (2 core in più rispetto alla nona generazione).
Le soluzioni Core di decima generazione in arrivo richiederanno una nuova piattaforma basata sui chipset della serie 400 (Z490 non sarà infatti solo) con socket LGA 1200, mentre conserveranno il supporto alla memoria DDR4-2666 con 32 GB di capacità per canale. Dovrebbe inoltre essere possibile l’installazione dei dissipatori compatibili con le piattaforme attuali.
Per maggiori informazioni, anche sulle specifiche tecniche non confermate dei vari modelli, potete far riferimento a questo articolo omnicomprensivo sul progetto Comet Lake. L’aspetto importante da sapere è che oltre al nuovo top di gamma, Intel è pronta offrire l’Hyper-Threading sull’intera nuova gamma.
Di conseguenza i futuri Core i3 offriranno 4 core e 8 thread, i Core i5 passeranno a 6 core e 12 thread e i modelli Core i7 avranno 8 core e 16 thread. Ci saranno anche dei nuovi Pentium e Celeron a completare l’offerta. I Core i9, come detto, si spingeranno fino a 10 core e 20 thread.
Questo cambiamento dovrebbe garantire una maggiore competitività dell’offerta rispetto alle CPU Ryzen 3000. Ricordiamo tuttavia che AMD nel corso del 2020 – si vocifera a fine anno, quindi tra il terzo e il quarto trimestre – presenterà i Ryzen 4000, l’ultima famiglia compatibile con il socket AM4.
Qualcosa di più del solito test: questa volta abbiamo migrato tutta l'infrastruttura Wi-Fi a una rete mesh con apparati AVM, mandando in pensione tutti i vecchi access point. Ecco come è andata.
Si chiamano tutte Wi-Fi, ma le reti wireless non sono tutte uguali. Chi, come noi ce l'ha in ufficio sin dal lancio delle primissime versioni 802.11b (11 mbit/sec teorici, ma decisamente meno in realtà) ha visto passare davanti a sé router e access point sempre più veloci e standard sempre più evoluti. Tanto che, alla fine del processo, i circa 500 metri quadrati su tre piani di redazione e laboratori sono stati gestiti negli ultimi anni con apparati di brand diversi, acquistati in periodi diversi ma soprattutto operanti su standard Wi-Fi diversi. L'utilizzo dello stesso SSID (l'identificatore della rete) e della stessa security negli anni ha facilitato il passaggio da una cella all'altra, ma le differenze di prestazioni e in alcuni casi anche di frequenze utilizzate ha reso la vita difficile, soprattutto a noi che di apparati connessi ne abbiamo molti. Ecco la nostra esperienza nella sistemazione della copertura Wi-Fi per renderla più uniforme e al passo con i tempi.
Ogni tanto è necessario dare un calcio al passato
L'opportunità e la voglia di cambiare tutto viene dalle reti mesh, questa sorta di "estensione" della funzionalità delle reti Wi-Fi multipunto in cui ogni nodo parla con gli altri e il cul il salto da una cella all'altro è del tutto trasparente per l'utente. Per questo motivo abbiamo voluto fare piazza pulita dei vecchi apparati, inviandoli a una meritata pensione, optando per la soluzione interamente basata su Fritzbox: un router centrale (Fritz!Box 7590), che si comporta da master della rete mesh, e cinque repeater (Fritz!Repeater 3000) da disporre nei punti strategici in grado di garantire una buona copertura in ogni punto dell'ufficio. Il risultato è stato decisamente soddisfacente.
Mesh non vuol dire solo totalmente wireless, anzi
Spesso erroneamente si è portati a pensare che una Wi-Fi Mesh sia composta da una serie di nodi di rete connessi l'uno all'altro via wireless che si distribuiscono la banda, condividendola e rilanciandosi l'uno con l'altro. Questo è sicuramente vero, soprattutto se lo scenario di utilizzo è quello di una casa priva di cablaggio di rete. È però altrettanto vero che la distribuzione solo wireless può mostrare prestazioni non sempre soddisfacenti. Se la maglia di apparati di rete mesh è troppo lasca, il segnale rilanciato rischia di risultare debole, e con lui le prestazioni dell'infrastruttura. Non molti sanno che, invece, la modalità consigliata per costruire una rete mesh è proprio quella di cablare tutti gli access point Wi-Fi in modo che abbiano il massimo della banda a disposizione via cavo e che lavorino poi in maniera coordinata nel distribuirla wireless ai device mobili. La redazione di DDAY.it è interamente cablata, con diversi punti rete in ogni stanza: non è stato difficile trovare il punto migliore per garantire una copertura adeguata.
La nostra configurazione comune alla stragrande maggioranza dei piccoli e medi uffici
La redazione di DDAY.it è connessa in fibra a Internet con un link a 1 Gbit/sec in download e 200 Mbit/secondo in upload. Questa banda non è solo a uso dei client di rete ma alimenta, con priorità differenziate, anche alcuni server di sviluppo e i server interni di lavorazione. Per questo motivo tra il router primario, fornito dalla telco dalla quale acquistiamo la connettività, e la nostra rete locale è interposto un firewall. Il router wi-fi primario è quindi a valle del router. Tanto che, proprio per avere la massima trasparenza della rete (indispensabile per l'autodiscovery tra apparati cablati e apparati wireless) la nostra scelta è stato quello non congiurare il Fritz!box principale come router ma semplicemente come access point, attivando però il ruolo di master della rete mesh. Per semplicità di gestione, abbiamo scelto per questo apparato un indirizzo IP statico, fuori dal pool di indirizzi DHCP distribuiti dal firewall. Firewall che invece continua a distribuire gli indirizzi agli altri apparati di rete.
Una volta configurato il Fritz!box principale con i parametri di rete preferiti, il nome della rete e la chiave di sicurezza, il resto è stato semplice e veloce: è bastato trasferire la configurazione dal router agli extender con la pressione del tasto sul frontale e configurarli come appartenenti alla rete mesh gestita dall'apparto centrale. A quel punto è bastato distribuire gli extender nei diversi punti per vedere la rete funzionare immediatamente.
La cosa interessante è che SSID, password e policy sono replicate da un apparecchio all'altro automaticamente. Per esempio, la decisione di un cambio di nome alla rete ha avuto un'esecuzione istantanea: è bastato cambiare le impostazioni sul Fritz!box per vederla immediatamente modificata anche su tutti i repeater.
Il risultato è stato una copertura impeccabile di tutti gli spazi della redazione e la libertà di movimento in continuità di servizio: abbiamo provato a seguire uno streaming video in alta definizione spostandoci ovunque senza mai avere interruzioni della visione, anche passando dal primo al terzo piano.
La bella sorpresa: la modalità mesh è compatibile anche con molti Fritz!box non di ultima generazione
Uno degli apparati in via di dismissione era già un AVM. Prima di metterlo fuori linea, abbiamo deciso di fare comunque un aggiornamento firmware (che in verità non veniva fatto da un po'…). E così abbiamo scoperto che a partire dalla versione 7.12 di Fritz!OS molti apparati di qualche tempo fa sono stati arricchiti con la funzione Mesh: abbiamo così recuperato un Fritz!Box 7490 per la copertura di un'area collaterale che in un primo tempo non avevamo calcolato.
La brutta sorpresa: la nostra configurazione non permette di usare con successo la rete Guest
In un contesto come il nostro, con alcuni operatori che passano in redazione e magari necessitano di connessione per il proprio PC, ci avrebbe fatto comodo poter gestire la rete Guest, già prevista dal Fritz!OS: si tratta della rete creata dal Fritz!Box (e quindi anche da tutti gli altri apparati in mesh) destinata agli ospiti, con una password diversa e soprattutto con la possibilità di navigare solo verso Internet e non verso gli altri apparati interni, come i server. Purtroppo per come e congegnata la rete Guest sul Fritz!Box, questa funziona correttamente, girando il gateway e i corretti parametri di rete, solo se è lo stesso apparato a distribuire gli indirizzi e non, come nel nostro caso, il router che sta a monte. Unica consolazione: constatata l'impossibilità di ottenere la configurazione da noi richiesta, grazie alla rete mesh, abbiamo spento la rete Guest dappertutto semplicemente disattivandola sull'apparato centrale.
Speriamo che uno dei prossimi aggiornamenti firmware verrà incontro alla nostra richiesta, coronando così con il pieno successo questo passaggio alla rete mesh.
La gestione della RAM da parte del browser di Google incide pesantemente sulle prestazioni del PC. Ecco come gestirle per velocizzare il computer
10 Dicembre 2019 - Google Chrome è lento? Si blocca spesso impedendovi di navigare in rete? Il computer, allo stesso tempo, sembra essere imballato come se lo utilizzaste senza sosta da anni. Il motivo di questi comportamenti apparentemente scollegati tra loro è uno solo: le tante schede aperte all’interno del browser di casa Google.
Come sappiamo, infatti, Chrome è particolarmente “ghiotto” di memoria RAM e, più schede di navigazione vengono aperte contemporaneamente, maggiori saranno le risorse occupate dal browser. A discapito degli altri applicativi e delle prestazioni generali del PC. Infatti, nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni da Google, il problema della RAM occupata da Chrome è sempre di stretta attualità. Alcuni trucchi, però, consentono di gestire al meglio le schede di Chrome e recuperare così preziosa RAM da “destinare” ad altre attività.
Non usare le schede come segnalibro
I bookmarks o segnalibri hanno una loro precisa funzione. Ti permettono di creare delle scorciatoie web per accedere subito alle tue pagine preferite. Usa i segnalibri invece di tenere aperte decine di pagine web solo per ricordare dove andare a vedere un articolo interessante, un oggetto da acquistare o quant’altro. Così facendo eviterai di sovraccaricare Chrome.
Utilizza le opzioni delle schede
Cliccando con il tasto destro del mouse su una scheda possiamo visualizzare e selezionare una serie di opzioni ideali per ottimizzare l’utilizzo di Chrome: Nuova scheda a destra, Ricarica, Duplica, Blocca, Disattiva l’audio del sito, Chiudi, Chiudi le altre schede, Chiudi schede a destra. Cliccando sempre con il tasto destro del mouse, ma sullo spazio vuoto accanto alla scheda è poi possibile visualizzare altre importanti opzioni: Nuova scheda, Riapri scheda chiusa, Aggiungi tutte le schede ai Preferiti e Task Manager per tenere sotto controllo Chrome e monitorare il suo utilizzo delle risorse del computer.
Utilizzare le estensioni per gestire le schede
È possibile utilizzare delle estensioni di Chrome per gestire e ottimizzare l’uso delle schede. Attenzione però, l’uso eccessivo di estensioni può rallentare il normale funzionamento del browser e un maggiore consumo delle risorse di sistema. Tra le migliori estensioni di Chrome per gestire le schede segnaliamo: OneTab, Session Buddy e The Great Suspender. Anche Tab Snooze può risultare molto utile, in particolare, questa estensione di Chrome permette di pianificare l’apertura di determinate schede in futuro.
Riaprire l’ultima scheda chiusa
Avete chiuso inavvertitamente una scheda di cui avevate bisogno? Niente paura: Ctrl-tasto maiuscolo-T su Windows o Command-tasto maiuscolo-T su Mac. La scheda chiusa in maniera accidentale si riaprirà all’istante.
Riaprire il browser con tutte le schede
Se accidentalmente chiudete il browser con la miriade di schede che avevate aperto e avete la necessità di riaprirle tutte esiste un trucco per risolvere questo problema. Basta accedere alle impostazioni: digitate nella barra degli indirizzi la seguente stringa: “chrome://settings/” e premete invio. Nella pagina delle impostazioni cercate la voce “All’avvio” e selezionate “Continua da dove eri rimasto”.
Philips porta sul mercato un televisore pensato per offrire oltre ad una eccellente resa video anche una superba qualità audio, grazie al Dolby Atmos e ad una soundbar creata da B&W. L’abbiamo provato.
L’audio è importante quanto il video, anzi, con un buon audio è stato più volte dimostrato che un televisore si “vede” meglio per il coinvolgimento emotivo dato da un sonoro di qualità, incisivo e avvolgente. Philips si gioca con il nuovo OLED 934 la carta B&W, storico audio inglese con il quale ha firmato una partnership negli scorsi anni. Sulla gamma precedente B&W era intervenuta solo in fase di tuning: i prodotti erano ormai fatti, non si poteva riprogettare nulla. Sul nuovo modello B&W ha disegnato invece la bellissima soundbar che si stacca dalla base, perfettamente integrata con il televisore e capace lei stessa, con la sua sagoma particolare, di diventare parte integrante del design del TV. Un design minimal come sempre, dove la cornice sottilissima del pannello OLED non si differenzia da quella degli altri produttori, anche il bordo in metallo che supporta il vetro è praticamente lo stesso. Philips è stata però intelligente e ha sfruttate due funzionalità uniche per costruire un design che non è facilmente copiabile: da una parte la soundbar, dall’altra l’ambilight, che con il TV installato a parete o appoggiato su una mensola toglie gli occhi dall’ormai “già vista” cornice del TV e li sposta verso le proiezioni colorate che si muovono sulla parete. Montato sullo stand, davvero elegante, il TV ha anche un piccolo angolo di rotazione che permette di girarlo leggermente verso destra o sinistra.
Il TV non è sottilissimo o meglio, è sottile quanto ogni OLED tuttavia per i montaggio a parete la staffa lo tiene leggermente separato e la stessa base, abbastanza profonda, non permette se appoggiato ad un mobile di tenerlo troppo a ridosso della parete. Due accorgimenti necessari per sfruttare al meglio la diffusione dell’ambilight.
Niente porte HDMI 2.1, ma non è un grosso limite
La posizione delle porte sul retro è decisamente intelligente, con le porte montata a filo in modo da non ostacolare installazioni particolari. Ormai tutti i televisori hanno “tutto”, quindi c’è ovviamente il doppio tuner T2 HEVC, c’è la porta di rete, ci sono le USB con una dose di corrente e banda adeguata per gestire anche hard disk e contenuti 4K e ci sono quattro porte HDMI, le uniche che forse interessano perché rappresentano una discriminante in fase di scelta.
Il Philips, come tutti gli altri TV del 2019 fatta eccezione per la gamma LG, ha ancora porte HDMI 2.0 e non porte HDMI 2.1. Non sarebbe un grosso problema se fossero implementate funzioni come la gestione del frame rate elevato da HDMI o il variabile refresh rate per il gaming, ma nessuna di queste porte le ha. Sono porte HDMI a piena banda, tutte capaci di accettare segnali 4K a 60 10 bit wide color, tutte con canale audio di ritorno e con un input lag che scende a circa 35 millisecondi quando si attiva la modalità gaming.
Sul retro del TV c’è anche la connessione proprietaria per la soundbar: il numero di connettori e il tipo di connessione ci hanno lasciati un po’ perplessi, perché il cavetto è davvero sottile. Dove risiede l’amplificazione della soundbar, nel TV o nella soundbar stessa? Nel primo caso ci sarebbero dovuti essere diversi cavi capaci di portare i segnali amplificati ai vari speaker su diversi canali, di ampia sezione, ma non ci sono. Nel secondo caso oltre alla coppia di cavi per il segnale in ingresso ci sarebbe dovuta essere una alimentazione comunque generosa, ma non sembra esserci. Il consumo del Tv calibrato, circa 158 watt, lascia pensare che comunque l’amplificatore della soundbar non sia potente quanto quello di una normale soundbar esterna.
Telecomando così così. E Chromecast ogni tanto fa i capricci
Il Philips 934 utilizza Android 9 come piattaforma di base, ed è davvero difficile distinguerlo da Android 8, la struttura è praticamente la stessa. Le prestazioni sono buone, non eccelse in termini di velocità, il sotto Android che avrebbe bisogno di un SoC un po’ più potente di quello che spinge le smart TV dei vari produttori. A complicare la situazione ci pensa poi il telecomando che Philips accompagna all’unità, dotato di microfono per Google Assistant e con tastiera sul retro da usare per inserire testi e password. La tastiera è indubbiamente utile in qualche caso, ma durante la normale esperienza TV l’avremmo usata un paio di volte. La parte frontale è una accozzaglia di tasti molto simili nelle dimensioni, e fortunatamente c’è il pad direzionale che aiuta almeno a moverai all’interno dei menu perché gli altri tasti, oltre ad essere simili e un po’ “diffusi”, non sono nemmeno troppo riconoscibili. Philips ha usato infatti una finitura che sembra quasi essere un grigio su grigio e capire cosa c’è scritto su ogni tasto se non c’è tanta luce non è semplice, si deve andare a memoria.
L’interfaccia di Android 9 è come sempre costruita e appoggiata sul sistema operativo del TV, due sistemi che lavorano insieme: uno gestisce tutta la parte di impostazioni legata a video, audio, rete, l’altra gestisce la smart TV. La separazione dei due sistemi, che Sony ha cercato di ridurre al minimo, sul Philips è ancora netta e marcata, come resta anche un richiamo alla vecchia “App Gallery”, piattaforma smart di Philips usata sui TV pre-android. Alcune app, infatti, sono ancora inserite in questa piattaforma smart inclusa nella piattaforma smart.
La presenza di Android garantisce ovviamente la presenza anche delle app per Android Tv, e ci sono ovviamente Netflix, Amazon Prime Video, Rakuten, Chili, YouTube e DAZN, le app che un utente si aspetta. Per il resto c’è Chromecast, integrato e qualche volta un po’ capriccioso: in qualche caso infatti non prende lo streaming, in altri si comporta in modo strano.
Se si invia un contenuto da Netflix Chromecast richiede che Netflix sia configurato con lo stesso account sul TV, mentre se si fa la stessa cosa con Prime Video questo non viene richiesto. Con Now TV in molti casi abbiamo ricevuto un messaggio di errore, e anche con qualche altra app non è stato facile far partire lo stream di Chromecast. Non è la prima volta che capita con la piattaforma Chromecast di Android TV, che meriterebbe un po’ più di attenzione da parte di Google.
La cosa bella, in relazione al software, è la disponibilità di Philips ad aggiornare regolarmente il sistema e la piattaforma: ci sono TV negli anni passati che hanno ricevuto decine di aggiornamenti per bugfix, sicurezza e per aggiungere funzioni.
Sintonia facile, ma Hbb a volte è troppo lento
Le operazioni di sintonia avvengono da un’unica schermata per digitale terrestre e satellite, per quest’ultimo poi c'è la complicazione del doppio sintonizzatore che impone un ulteriore passaggio. Per il dtt operazioni abbastanza rapide con buona sensibilità e fase di risoluzione conflitti LCN per poter assegnare i canali Mediaset HD la posizione migliore. Sul satellite, una volta individuato Hot Bird come fonte di segnale, l’apparecchio ci chiede di scegliere il pacchetto LaTivù anziché la corretta definizione Tivùsat, ma il risultato è lo stesso e la lista è probabilmente precaricata perché viene visualizzata molto rapidamente. Il passaggio dal dtt al satellite necessita del richiamo del menù sorgenti con tasto dedicato del telecomando. La cam Tivùsat viene riconosciuta rapidamente mentre lo zapping sui canali 4K lamenta qualche secondo di attesa, ma meno di altri concorrenti. Per quanto riguarda i contenuti Hbb l’applicazione Rai si apre con una certa lentezza nel caricamento, molto più rapido l’accesso a Mediaset Play e a Dplay; nessun contenuto invece da Sportitalia e non si apre nemmeno Tivùon tramite Mediaset Play, con la comparsa di un messaggio di errore sullo schermo.
L'audio è targato B&W. E si sente
La sezione audio di questo televisore è rappresentata da una vera e propria soundbar separata che si fissa sotto allo schermo del televisore e ne diventa la base quando il tv è poggiato su un ripiano, anche il collegamento di segnale al tv è separato tramite un connettore proprietario che va maneggiato con cura perché non proprio robustissimo nella zona vicino al terminale. La soundbar separata del prestigioso marchio britannico è una soluzione esclusiva che potrebbe diventare un vero criterio di scelta verso questo tv.
Ma partiamo dai dati tecnici dichiarati: nella soundbar troviamo un sistema stereo con subwoofer integrato e potenza complessiva di 50 watt RMS. Gli altoparlanti utilizzati sono un midwoofer e un tweeter per canale oltre a un subwoofer, l’accordo reflex è posteriore. Il tv è compatibile con il Dolby Atmos e ha numerose impostazioni possibili. Nel menù dedicato si possono impostare le consuete varianti DSP per film, musica, parlato oppure una posizione AI dove è il tv a scegliere la migliore configurazione in base al tipo di programma da riprodurre; una ulteriore posizione personale consente di inserire il Dolby Atmos e impostare un equalizzatore a cinque bande. La qualità del diffusore impone di dedicare del tempo a queste impostazioni se si vogliono raggiungere i migliori risultati. Inoltre il diffusore permette di cogliere molto bene le differenze di qualità tra le diverse emissioni, complicando la situazione e mettendo in luce anche i difetti. Quindi bisognerà sempre scegliere un canale tv HD o UHD e uno streaming della qualità migliore possibile. Detto questo la qualità audio generale è molto buona, con bassi importanti ma mai rimbombanti e voci ben calibrate, sugli acuti invece dipende molto dalle impostazioni perché la resa si può indurire se si alza troppo il volume. In tema di surround si può notare una precisa collocazione degli effetti frontali ma di effetti surround francamente ce ne sono pochi. Impostando la posizione film qualcosa in più si percepisce ma si poteva fare di più.
L’inserimento del Dolby Atmos non porta particolari benefici, anche riproducendo film in blu-ray con questa codifica e manca l’impatto dei più forti effetti speciali che potrebbe dare solo un subwoofer separato (collegabile in opzione). Con contenuti musicali non si può gridare al miracolo e anzi gli acuti possono diventare prevalenti. Tutto sommato conviene impostare la posizione AI che trova quasi sempre il miglior compromesso senza dovere ogni volta cambiare le impostazioni, comunque l’impronta sonora di B&W è avvertibile e giustifica il supplemento di prezzo del tv: il suono è corposo e nitido, non si fa notare con effetti speciali o rimbombi ma si apprezza con tutti i tipi di programma.
Ottima calibrazione e una perfetta gestione delle ombre
Il pannello del Philips 934 è lo stesso identico pannello che LG consegna anche agli altri produttori, e lo si capisce subito dal riflesso che produce quando lo mettiamo nella nostra sala prove. Un pannello che ogni produttore gestisce poi a seconda dei propri gusti agendo sul controller e sul limitatore di luminosità che consente di regolare il picco raggiungibile. In questo caso il TV ha fatto registrare livelli di luminosità simili a quelli dei modelli dello scorso anno, circa 900 nits su un’area molto piccola, 730 nits al 10% di finestra e 140 nits con lo schermo tutto bianco. Valori allineati a quelli degli altri produttori, e non devono preoccupare più di tanto: non si arriverà mai con questa generazione di pannello ad avere né una luminosità di picco maggiore e neppure un volume colore maggiore.
Il TV gestisce HDR 10+ e Dolby Vision, e come sempre Philips ha un approccio totalmente diverso per quelli che sono i parametri di visione rispetto a una Panasonic o a Sony. Il TV usa un processore P5 di ultima generazione e i responsabili della qualità del TV sono talmente fiduciosi nelle prestazioni del processore P5 che i vari filtri di miglioramento dell’immagine sono attivi un po’ su tutti i profili, inclusi quelli ISF giorno e notte che dovrebbero essere i due profili destinati alla visione da “purista”.
Qualcuno potrebbe anche apprezzarli, noi li abbiamo praticamente eliminata fatta eccezione in qualche caso per la compensazione del moto che abbiamo portato al minimo. Fatto questo il televisore mostra una eccellente resa, e quello che colpisce è anche la buonissima calibrazione di fabbrica. Philips all’interno dei menu permette di agire su ogni parametro, ha una regolazione della linearità su 20 punti, ha un CMS completo, ma trattandosi di un TV privo di funzioni di calibrazione automatiche lo abbiamo provato tenendo questo in considerazione, quindi senza cercare una calibrazione manuale. Lo abbiamo guardato come Philips lo vende, e il profilo ISF offre una resa davvero soddisfacente quando si guardano contenuti SDR mentre con materiale HDR consigliamo la scelta del profilo “Movie”, il profilo ISF tende infatti a limitare la luminosità rendendo l’immagine meno dinamica e pungente di quella che è realmente.
Ottimo il controllo nella parte bassa, quella zona attorno al 5% di bianco dove i TV OLED soffrono solitamente di un po’ di banding: il nostro esemplare era incredibilmente pulito, e il controllo sulle basse luci, anche nel near black, accurato e preciso.
Molto buono anche il livello raggiunto in fase di upscaling del processore: sia con la TV sia con contenuti da sorgente esterna, decoder Sky o console da gaming, la trasformazione del segnale da Full HD a 4K è impeccabile. Un traguardo questo raggiunto ormai da tutti i TV.
Nel complesso ci troviamo davanti ad un TV che si vede benissimo, a patto di disattivare tutti i filtri di cui questo TV dispone, che come da tradizione sui TV Philips sono tanti e non sempre piacciono a chi preferisce guardare la TV al naturale.
Siamo arrivati ad un livello dove il “si vede meglio di questo o di quello” è relativo: da anni abbiamo davanti lo stesso pannello e chi negli scorsi anni aveva staccato gli altri quest’anno è stato raggiunto. Un Philips 934 non è affatto diverso da un Sony o da un LG se prendiamo il TV, lo tiriamo fuori dalla scatola, spegniamo qualche filtro e lo mettiamo in modalità “film”. Per vedere differenze sui TV OLED di oggi, comunque marginali, serve una calibrazione precisa, materiale di qualità e anche una certa sensibilità che non tutti hanno.