Intel e Mediatek uniscono le forze per promuovere la diffusione di modem 5G all'interno dei PC portatili del prossimo futuro. La seconda svilupperà soluzioni modem 5G, che verranno in seguito certificate da Intel per l'utilizzo all'interno dei propri sistemi PC.
E' interessante evidenziare come Intel abbia a lungo lavorato allo sviluppo di una propria soluzione modem 5G, senza però riuscire ad ottenere un prodotto pronto per la commercializzazione. In seguito l'azienda ha venduto a Apple la propria divisione 5G, azienda che comunque si appoggerà alle soluzioni Qualcommper poter integrare connettività 5G all'interno dei propri prodotti smartphone.
La disponibilità di connettività 5G è destinata a cambiare le modalità di utilizzo non solo degli smartphone ma anche dei PC notebook. E' questo un ambito nel quale le potenzialità della tecnologia 5G in termini di superiore velocità di trasmissione dei dati sembrano essere ancora più importanti, permettendo ai PC non solo di essere sempre connessi ma anche di farlo con prestazioni che non dovrebbero far rimpiangere la connettività WiFi.
I termini dell'annuncio fanno pensare che quanto proposto da Mediatek possa rientrare nella categoria dei prodotti cosiddetti semi-custom, sviluppati da Mediatek al proprio interno ma con una influenza diretta da parte della committente Intel. Mediatek seguirà lo sviluppo hardware mentre a Intel è delegata l'attività di integrazione con la piattaforma e lo sviluppo dei driver per il sistema operativo.
In ogni caso ci sarà da attendere ancora un po' di tempo: Intel prevede infatti che i primi notebook basati su modem 5G di Mediatek debutteranno con prodotti HP e Dell nel corso della prima parte del 2021.
Com’è possibile migliorare quello che da anni è universalmente riconosciuto come il miglior convertibile sul mercato? È esattamente ciò che ho provato a comprendere in queste due settimane in compagnia del Surface Pro 7 di Microsoft. L’azienda di Redmond ha scelto la linea della continuità, senza stravolgere dunque il progetto inaugurato nell’ormai lontano 2015 con il Surface Pro 4. In tal senso, è estremamente significativo il fatto che le Signature Type Cover (le tastiere ad aggancio magnetico) dell’ultimo modello siano compatibili anche con le versioni 2017 e 2018 del “tablet”.
Segno evidente di quanto il design sia rimasto fondamentalmente immutato negli ultimi anni. Ed è probabilmente questo uno degli aspetti su cui Microsoft sarà chiamata a intervenire con le prossime generazioni. Il Surface Pro 7, specie sulla parte frontale, ha un aspetto quasi vintage, viste le importanti cornici che attorniano il display. Messo accanto al nuovo Surface Pro X sembra quasi un prodotto datato, almeno a livello estetico. Eppure, è in grado di offrire la solita eccellente esperienza utente, per un prodotto che ha di fatto rivoluzionato l’intero settore dei dispositivi convertibili.
Arriva la decima generazione di Intel
Le principali novità sono sotto al cofano. Surface Pro 7 è infatti tra i primi a potersi fregiare delle prestazioni offerte dai processore Intel Core di decima generazione con architettura Ice Lake. In particolare, il modello che ci è stato fornito in prova da Microsoft è equipaggiato con CPU Core i5-1035G4, abbinata a 8 Gigabyte di RAM e 256 Gigabyte di SSD. Si tratta probabilmente della versione più equilibrata, completamente fanless (senza ventole, dissipazione completamente passiva) e, proprio in questi giorni, oggetto di offerta per la settimana del Black Friday. Avremo modo però di ragionare sui prezzi nelle conclusioni.
Come da tradizione comunque, Microsoft offre un’ampia gamma di scelta. Il Surface Pro 7 è infatti configurabile anche con processori Intel Core i3 e i7 (sempre di decima generazione), la RAM può spingersi fino a 16 Gigabyte e la memoria interna può toccare 1 Terabyte. Qui però mi sento di muovere una critica all’azienda di Redmond: la memoria interna, anche in questo nuovo modello, è espandibile tramite micro-SD. Una scelta che ho sempre ritenuto poco sensata, per una macchina pensata anche per la produttività in mobilità, nella quale un lettore di schede SD cadrebbe a fagiolo.
Veniamo però al dunque. I nuovi processori Intel hanno portato in dote un oggettivo miglioramento in termini di prestazioni. Da questo punto di vista, abbiamo come metro di paragone sia il Surface Pro 5 che il Surface Pro 6, entrambi miei dispositivi personali. Arriverà nei prossimi giorno un confronto diretto, ma il salto prestazionale è oggettivo: le operazioni risultano più fluide, la gestione di applicativi impegnativi come Photoshop e Premiere è più convincente, la navigazione web con Google Chrome viene portata avanti senza incertezze. Una situazione fotografata alla perfezione anche dai benchmark.
Questo passo in avanti è merito anche dell’efficace sistema di dissipazione. Il processore in questione è infatti caratterizzato da un TDP base di 15W, in grado di spingersi per pochi secondi fino a 25W, e di scendere a 11W con il risparmio energetico attivo. In questo modo, anche nel corso dei benchmark, la piattaforma hardware non va in termal throttling, anche quando entra in azione la GPU integrata Intel Iris Plus. La temperature su core sfiora i 74°C, che si stabilizzano poi sui 67°C. Dati assolutamente in linea con macchine fanless.
Sul retro superiore della scocca, esattamente dove Microsoft ha collocato tutta la componentistica, si toccano i 42°C. Ovviamente, il vantaggio dei Surface Pro risiede nel fatto che, essendo la tastiera sganciabile, questa rimane totalmente fredda (proprio perché tutta la piattaforma hardware è integrata nel tablet), per cui il calore della scocca non viene minimamente percepito dall’utente. In generale comunque, è bene fugare i dubbi attorno alla versione i5.
Esattamente come il Surface Pro 5 e Pro 6, anche il Pro 7 mi ha accompagnato in queste settimane lavorative. Personalmente sono riuscito a compiere tutte le operazioni necessarie per la mia sfera lavorativa: editing foto, montaggio video (Full-HD 60 fps, con il 4K questa versione va in difficoltà), navigazione web con decine di tab aperte, senza dimenticare l’utilizzo multimediale per lo svago. Insomma, siamo difronte a un computer a tutti gli effetti, peraltro in grado di gestire monitor esterni in 4K senza alcun problema, come mostrato nella video recensione.
Tutto questo però ha un prezzo, inevitabilmente pagato dalla batteria. Sulla carta Microsoft dichiara un’autonomia inferiore rispetto alla precedente generazione (13,5 ore contro 10,5 ore di utilizzo continuo), ed effettivamente ho potuto riscontrare questo passo indietro. Con il classico utilizzo per la mia attività lavorativa (editing foto + montaggio video + navigazione web), i consumi si sono attestati sul 25/30% l’ora, con un’autonomia totale di circa 3 ore e 30 minuti (contro le quasi 5 ore riscontrare con il Surface Pro 6).
Con l’utilizzo di Netflix in streaming, i consumi scendono a circa il 13% l’ora, per un totale di 7 ore e 30 minuti di autonomia, mentre con il Surface Pro 6 mi attesto sulle 9 ore e 30 minuti. Insomma, il Surface Pro 7 ha perso un po’ da questo punto di vista a causa di una serie di fattori, tra cui una batteria leggermente meno capiente (43.2 Wh rispetto ai 45 Wh della generazione precedente) e, ovviamente, un netto passo in avanti in termini di prestazioni.
Questo è l’aspetto che mi ha convinto meno. Il discorso è molto simile a quello fatto per la scheda SD: questa è una macchina pensata soprattutto per la produttività in mobilità, per cui il miglioramento dell’autonomia rispetto ai modelli precedenti avrebbe dovuto rappresentare una priorità rispetto alle prestazioni. Intendiamoci, non siamo assolutamente difronte a un’autonomia “disastrosa”, ma il Surface Pro 6 riesce a fare meglio in quest’ambito.
Fortunatamente però, Microsoft inserisce in confezione un caricabatterie da ben 65W, che riesce a ricaricare la batteria da 0 a 100% in circa 1 ora, un vantaggio non da poco quando si è in giro. Peccato per la scelta di proseguire con un connettore proprietario, anziché affidare la ricarica alla porta USB-C, finalmente integrata in questa nuova generazione. Tutti aspetti su cui speriamo che l’azienda di Redmond decida di intervenire il prossimo anno.
Design e display, la forza della continuità
Lo abbiamo detto all’inizio, Microsoft ha scelto la linea della continuità. Se da una parte il design, specie sulla parte frontale, comincia a essere un po’ datato, dall’altra alcune soluzioni rappresentano ancora un vero punto di riferimento per l’intero settore. Una di queste è certamente lo stand posteriore gestito dalla doppia cerniera. Questo consente di poggiare il Surface su una qualsiasi superficie, adeguando l’angolo di inclinazione dello schermo a piacimento, secondo le esigenze.
In questo modo, personalmente sono riuscito a utilizzare il dispositivo per la scrittura nelle situazioni più disparate: aerei, treni, automobili, panchine. Lo stand con la doppia cerniera è certamente una delle più grandi innovazioni costruttive introdotte negli ultimi anni in questo settore, e ha peraltro raggiunto un elevatissimo grado di maturità. Non ci sono infatti scricchiolii o incertezze nel meccanismo, e la versatilità offerta da questa soluzione non ha davvero eguali.
Discorso analogo per l’ergonomia generale, rimasta praticamente immutata. Avere un vero e proprio computer portatile con un peso di appena 771 grammi (poco più di 1 Kg con la tastiera) rappresenta un vantaggio non da poco nell’ottica della trasportabilità. Ancora troppo presto invece per verificare la tenuta, nel tempo, della verniciatura della scocca, che si scalfisce un po’ troppo facilmente con Surface Pro 6 e Pro 5. Provvederemo ad aggiornare la recensione da questo punto di vista.
Nulla da dire sul meccanismo magnetico con il quale la tastiera si aggancia al tablet, sempre solido e affidabile. La tastiera, realizzata in alcantara, è davvero piacevole al tatto e mette a disposizione un’eccellente qualità di digitazione. È ovviamente retroilluminata e integra un trackpad che si conferma come tra i migliori del panorama Windows. Peraltro, quella che vedete ritratta nelle immagini è una delle nuove colorazioni introdotte da Microsoft e denominata Rosso Papavero, davvero molto bella dal vivo.
Rimane discutibile la scelta di non includere in confezione la tastiera (prezzo di listino 184 euro, da acquistare separatamente), che di fatto completa l’esperienza utente del Surface Pro. La solita dotazione di porte (USB-A 3.0, jack audio 3.5 mm e slot micro-SD) è arricchita quest’anno dalla presenza della USB-C, che ha preso il posto della Mini Display Port. Oltre a poter gestire monitor esterni, attraverso questo connettore è anche possibile ricaricare la batteria del tablet, magari attraverso un powerbank.
La parte software è ovviamente affidata a Windows 10, in cui ci si può autenticare attraverso il riconoscimento del volto di Windows Hello, che funziona perfettamente anche al buio grazie alla presenza di uno scanner a infrarossi. La connettività si arricchisce del Bluetooth 5.0 e del Wi-Fi 6, che mette a disposizione una banda in grado di toccare, sulla carta, i 9,6 Gb/s, ovviamente con supporto Dual-Band.
Per quanto riguarda il display, si tratta del solito ottimo pannello touch-screen Pixel Sense da 12,3 pollici con risoluzione di 2736 x 1824 pixel. La luminosità tocca i 451 nit, i profili colore forniti di serie sono due (sRGB e Enhanced) e l’esperienza visiva offerta è di primissimo livello. Molto buoni gli angoli di visuale così come la resa cromatica, mentre la visibilità all’aperto è un po’ disturbata – nelle giornate particolarmente assolate – da un vetro anteriore un po’ troppo riflettente.
Ovviamente, il display è compatibile con la Surface Pen (4.096 livelli di pressione, rivale diretta della Apple Pencil 2) ed è affiancato da due altoparlanti stereo frontali, che offrono un’ottima qualità audio e un volume particolarmente elevato.
Conclusioni: chi dovrebbe acquistarlo?
La gamma Surface Pro ha letteralmente dato un senso compiuto ai tablet. Le debolezze di Windows in termini di applicazioni dal Microsoft Store e di interfaccia touch screen rimangono. Di contro però avere a disposizione un sistema operativo desktop in mobilità, incastonato nelle dimensioni di un dispositivo mobile, rappresenta un vantaggio enorme, soprattutto per alcune categorie di utenti.
Surface Pro 7 è un prodotto eccellente, che deve però fare i conti con la concorrenza interna. Spesso la versione i5/8GB/128GB del Surface Pro 6 viene posizionata in offerta a 699 euro e, considerando la migliore autonomia, è difficile non preferirla. Di contro però, a fronte di un prezzo di listino che parte da 919 euro (1.399 euro per la versione oggetto di questa recensione), il Surface Pro 7 è oggetto proprio in questi giorni di un’interessante offerta.
La versione con i5, 8 Gigabyte di RAM e 128 Gigabyte di memoria interna è infatti in vendita a 799 euro attraverso il Microsoft Store. Nel caso in cui foste alla ricerca di un dispositivo 2 in 1, non fatevelo scappare, con una precisazione importante: la tastiera va sempre acquistata separatamente, ed è un accessorio imprescindibile.
Come già accaduto con i modelli precedenti, i prezzi di listino del Surface Pro 7 sono un po’ troppo elevati, tanto da renderlo poco competitivo rispetto ai predecessori. Di contro però, i dispositivi Microsoft sono spesso oggetto di offerte e promozioni importanti, per cui il consiglio è quello di attendere il momento giusto (la versione più equilibrata rimane quella con i5 e 8 GB di RAM). Su una cosa non c’è dubbio però: nel caso in cui foste alla ricerca di un dispositivo 2 in 1, dovrete certamente bussare alle porte dell’azienda di Redmond.
Microsoft Surface Pro 7
Surface Pro 7 rappresenta la naturale evoluzione del Surface Pro 6. La nuova generazione del 2 in 1 targato Microsoft guadagna i processori Intel Core di decima generazione e la porta USB-C, mantenendo praticamente inalterato il design. Perde un po’ di autonomia, compiendo però un oggettivo passo in avanti in termini di prestazioni. In questo particolarmente segmento, la proposte dell’azienda di Redmond rimane un punto di riferimento per tutti i potenziali acquirenti.
Lenovo e Intel insieme per il nuovo supercomputer del FAS Research Computing dell'Università di Harvard e per il consiglio Project Everyscale.
Servirà nell’ambito della ricerca scientifica per applicazioni come le previsioni dei terremoti, lo studio dei modelli di propagazione delle patologie e delle dinamiche che regolano la formazione delle stelle. Il nuovo supercomputer realizzato da Lenovo in collaborazione con Intel e destinato al FAS Research Computing dell’Università di Harvard è stato battezzato Cannon in omaggio all’astronoma americana Annie Jump Cannon.
Lenovo e Intel per il supercomputer Cannon
Oltre a offrire un incremento in termini di prestazioni (dalle tre alle quattro volte) grazie all’adozione dei server NeXtScale ThinkSystem SD650 (670 in totale) con processori Xeon Platinum 8268 di seconda generazione (oltre 30.000 core), l’infrastruttura è la prima dotata di tecnologia per il raffreddamento a liquido Neptune progettata da Lenovo che sfruttando la proprietà di conducibilità dell’acqua consente di abbattere il consumo di energia e di conseguenza l’impatto sull’ambiente.
La collaborazione siglata da Lenovo con Intel e FASRC, in questo caso indirizzata all’ambito HPC (High Performance Computing), rientra nella a pieno titolo nella visione Smarter Technology for All del gruppo che mira a rendere la tecnologia più avanzata accessibile a tutti, anche in ambito accademico e nel mondo della ricerca, mediante un approccio che il gruppo cinese definisce “From Exascale to Everyscale”.
Lo storage di Cannon è dislocato in più sedi, ma il cuore pulsante dell’infrastruttura, quello che rappresenta il centro di calcolo primario, prende vita presso il Green High Performance Computing Center di Holyoke, nel Massachusetts. Queste le parole di Scott Yockel, Director of Research Computing della facoltà di Arte e Scienze dell’Università di Harvard.
La scienza si basa sull’iterazione e la ripetibilità, ma l’iterazione è un lusso che non è sempre disponibile nel campo della ricerca universitaria, perché molto spesso si lavora contro il tempo. Con la maggiore capacità di calcolo e l’elaborazione più veloce del cluster Cannon, i nostri ricercatori hanno l’opportunità di effettuare molteplici tentativi nella loro sperimentazione. La possibilità di commettere errori e di imparare da essi consente ai nostri ricercatori di essere più competitivi.
Nasce l’Exascale Visionary Council
Nell’occasione è stata annunciata anche la nascita di un consiglio il cui obiettivo sarà promuovere i vantaggi della tecnologia exascale. Il gruppo si chiama Project Everyscale e sarà formato da membri che a partire dai primi mesi del 2020 metteranno sul tavolo le loro competenze al fine di spingere l’innovazione su questo fronte, segnando la direzione da seguire per il futuro del settore.
Insieme a Lenovo, Intel e FASRC anche National Computational Infrastructure (NCI), Flatiron Institute, Leibniz Supercomputing Centre, Istituto di Ricerca sull’Impatto Climatico di Potsdam, Rutgers University, Texas A&M University, Tsinghua University, Università di Birmingham, Università di Chicago e Università di Toronto. Insieme si dibatteranno temi legati a settori che vanno dalla chimica computazionale all’analisi geospaziale, dall’astronomia allo studio dei cambiamenti climatici, fino a ricerca sanitaria e meteorologia.
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Il MacBook Pro 16″ è ora disponibile ufficialmente su Amazon. Viene spedito e venduto direttamente dal colosso e-commerce e viene proposto nella variante da 512 GB di storage.
Il nuovissimo MacBook Pro da 16 pollici è quindi disponibile su Amazon, per la felicità di tutti gli utenti che lo stavano aspettando, dopo i tanti rumor. Al momento, come dicevamo poco fa, è disponibile una sola versione in vendita: quella con 16 GB di RAM e 512 GB di archiviazione.
Tra le caratteristiche principali di questa nuova generazione troviamo una migliore dissipazione del calore, grafica migliorata, RAM più veloce e più opzioni per lo storage. In attesa di vedere su Amazon anche la variante con 1 TB di storage, vi lasciamo il link per acquistare il MacBook Pro.
Le offerte indicate in questa pagina potrebbero scadere o subire variazioni senza preavviso. Il prezzo reale è quello visualizzato su Amazon al momento del checkout.
Honor MagicBook 15 è stato presentato ufficialmente nelle scorse ore, anche se piuttosto in sordina, con un semplice banner sul negozio ufficiale cinese Vmall e con notevole avarizia di dettagli. Il portatile è tuttavia comparso su un altro sito di ecommerce locale, JD.com. Da lì è possibile evincere qualche prima informazione tecnica:
Processori solo Intel, niente Ryzen, al contrario dei MagicBook Pro da 16,1" lanciati meno di due mesi fa.
Due tagli di memoria: 256 e 512 GB (naturalmente SSD).
Pulsante di accensione con scanner delle impronte digitali integrato.
Niente variante con Windows 10: solo Linux.
Due porte USB Type-A, una Type-C, una HDMI, jack per le cuffie.
Le nuove foto ci permettono inoltre di notare alcune piccole ma decisive modifiche al design: i bordi del coperchio hanno un sottile perimetro color blu/viola, perfettamente in tono con l'immagine aziendale; lo stesso schema di colori è ripetuto sul logo Honor presente in mezzo al coperchio. Non sembra retroilluminato, ma è una possibilità. Per il resto, lo stile è quello dei tradizionali MagicBook: scocca tutta in alluminio stile Apple MacBook e bordi molto sottili.
Non è detto che a queste configurazioni preliminari (di cui ancora non si sa nemmeno l'ammontare di memoria RAM) ce ne siano altre, ma dovremo aspettare delucidazioni dal produttore. Ancora niente informazioni su disponibilità effettiva o prezzi: i 9.999 renminbi mostrati sull'ecommerce, pari a 1.284 euro, sono un placeholder. O almeno lo speriamo!