L’imposizione delle misure di distanziamento sociale, compresa la nuova normalità dello smart working, volte a combattere per quanto possibile la diffusione della pandemia COVID-19 e a contenere per quanto possibile le sue spiacevoli conseguenze, ha portato rivoluzioni piccole e grandi nella vita della stragrande maggioranza di ciascuno di noi. Riadattare abitudini consolidate nel tempo non è mai affar semplice, e in questo processo si affacciano nuove esigenze che fino a poco prima erano completamente impensate e impensabili.
Chi da un giorno all’altro ha dovuto organizzarsi alla spicciolata per passare in regime di smart working, o più correttamente - e magari meno all’avanguardia come nomenclatura - “lavoro da casa”, si è trovato a fare i conti con qualche piccolo ostacolo rappresentato da dotazioni, ambienti e spazi domestici non perfettamente adeguati al tipo di lavoro da svolgere.
Uno degli elementi che più può impattare la produttività nel momento in cui ci si ritrova a lavorare da casa affidandosi solamente al portatile è la mancanza di uno schermo di grandi dimensioni, specie per chi fa un lavoro che impone numerosi programmi con le relative finestre aperte sul desktop. Quella che poteva essere una comoda configurazione multi-monitor sul luogo di lavoro, messa a disposizione dall'azienda, diventa improvvisamente di difficile replicabilità in contesto domestico.
In primis è una questione di spazi: due monitor sono ingombranti, non tanto per le dimensioni del pannello, ma spesso per i piedistalli che potrebbero risultare di difficile collocazione su piani di lavoro non particolarmente ampi. In secondo luogo per le modalità di collegamento al sistema: se su un desktop possiamo avere a disposizione con facilità più porte a cui collegare più monitor, su un portatile di norma si trova una sola uscita video.
Da qualche tempo il mercato offre però soluzioni monitor definite “Ultrawide”, cioè con un formato "molto più largo che alto” e che di fatto rappresentano due display affiancati in uno. E’ il caso del modello LG 34WN750 oggetto della nostra prova, che nei suoi 34 pollici di diagonale, in formato 21:9 e con risoluzione di 3440x1440 pixel può essere impiegato efficacemente come fosse due monitor affiancati, dall'insolita risoluzione di 1720x1440 pixel. Un monitor da 21:9 offre il 33% di pixel in più rispetto ad un monitor 16:9 di pari risoluzione verticale.
Partiamo dagli ingombri di questo monitor, la cui larghezza è di quasi 82 centimetri : non si tratta certamente di un dispositivo compatto, ma la particolare forma del piedistallo gli permette di trovare posto in molte scrivanie molto più agevolmente di quanto si possa pensare, e soprattutto - come già abbiamo accennato - con più facilità rispetto al dover collocare due monitor distinti.
Lo sviluppo in profondità del piedistallo è di 22 centimetri. Il piedistallo a semicerchio permette inoltre di conservare spazio utile sulla scrivania, andando a collocare ad esempio il portatile proprio tra i due bracci. Nel complesso le linee di questo display sono pulite e sobrie, senza risultare eccessivamente “asettiche”, così da ben inserirsi in qualsiasi postazione.
Il display può essere regolato in altezza, con un’escursione di una decina di centimetri. Data la larghezza particolarmente pronunciata, non abbiamo la possibilità di orientarlo in assetto “pivot” o “portrait”. Si può inoltre inclinare di pochi gradi sul piano verticale, ma non può essere angolato lateralmente, cosa che rende un po’ scomodo anche una semplice operazione come “accomodare” il display, magari per condividerne la visione con qualcuno.
Per quanto riguarda i comandi, LG punta sul minimalismo: lungo il bordo inferiore del display è presente, al centro, un pulsante/jog che governa tutte le funzioni del monitor. Accensione, spegnimento, accesso all’On Screen Dsiplay e navigazione all’interno dello stesso sono operazioni che si effettuano tutte con il singolo medesimo pulsante.
L’OSD ci ha convinto per praticità e razionalità, grazie proprio anche all’uso con un singolo pulsante: si manifesta nella parte destra dello schermo e la sua navigazione è intuitiva, così come l’accesso ai parametri e alla loro regolazione. Il monitor mette a disposizione diversi profili di immagine, adatti a svariati impieghi: dall’uso “d’ufficio”, al gioco, passando per le modalità “lettura” che hanno il pregio di attenuare la luminosità e soprattutto virare la resa cromatica verso tonalità significativamente più calde, che risultano meno affaticanti.
Le connessioni fisiche del monitor si trovano nella parte posteriore e sono molto accessibili, evitando improbabili contorsioni per trovare la giusta porta a cui collegare i cavi. Questo monitor offre una porta Display Port e due porte HDMI per quanto riguarda la trasmissione dei segnali video. Abbiamo poi un piccolo hub USB in versione 3.0, con una porta in uplink e due porte in uscita a cui collegare altre periferiche. Il monitor, essendo provvisto anche del piccolo sottosistema audio MaxxAudio 2.0 da 14W, offre anche un jack da 3,5mm a cui collegare un paio di cuffie. Infine il connettore di alimentazione, a cui va collegato l’alimentatore esterno. La posizione delle porte, vicina al punto di fissaggio del pannello al suo piedistallo, ci da inoltre modo di collocare i cavi sullo snodo del display e di farli correre lungo il piedistallo grazie anche alla clip fornita in dotazione, così da poter mantenere un piano di lavoro ordinato e sgombro da cavi.
Buono sulla carta, e anche al colorimetro
Passiamo ora al lato squisitamente tecnico: LG 34WN75 è costruito impiegando un pannello piano IPS da 34 pollici di diagonale in rapporto 21:9, con una risoluzione di 3440x1440 pixel, per una definizione risultante di 109 pixel per pollice. La casa madre dichiara 300 candelle su metro quadro di luminanza massima e una copertura al 99% del triangolo sRGB. Il pannello è compatibile con lo standard HDR10. Si segnala inoltre la presenza della tecnologia AMD FreeSync fino a 75Hz, per ottenere il meglio dai giochi 3D. Abbiamo analizzato al colorimetro il profilo "Utente", che è di fatto ciò che ci si trova davanti una volta estratto il monitor dalla confezione, e il profilo Cinema che dalle verifiche strumentali è risultato essere quello con il miglior comportamento complessivo.
Il profilo "Utente" è personalizzabile secondo le esigenze, che si tratti semplicemente di gusto soggettivo o di una calibrazione oggettiva. Le sue impostazioni "out of the box" tuttavia sono regolate in maniera non esattamente ottimale come vediamo dai grafici qua sopra. Il bilanciamento delle componenti RGB mostra una significativa predominanza di blu, che conferisce una resa piuttosto fredda all'intera immagine, peggiorando via via ci si spinge verso le alte luci. La progressione tonale descritta dalla curva di gamma è comunque sostanzialmente corretta, e si registra una luminanza massima di poco oltre le 340 candele su metro quadro, per un rapporto di contrasto nativo di 880:1. Molto buona l'estensione del triangolo di gamut, che corrisponde quasi interamente al riferimento sRGB e mantiene fede alle dichiarazioni di copertura al 99% dichiarata da LG. La fedeltà cromatica risente ovviamente della predominanza di blu già riscontrata in precedenza, descrivendo un quadro comunque accettabile anche se non propriamente ottimale. E' da tenere presente che il profilo "Utente" a impostazioni di fabbrica è di norma pensato per l'esposizione nei punti vendita, per "compensare" la presenza di luci al neon.
Lo scenario cambia con il profilo "Cinema": il bilanciamento delle componenti RGB non è ottimale, ma comunque le deviazioni rispetto all'ideale sono molto più contenute e rientrano all'interno dei livelli di guardia, pur permanendo una resa fredda ma ben più lieve rispetto a quanto visto con il profilo precedente. Ritroviamo una corretta progressione tonale e una luminanza massima di poco più bassa rispetto al profilo Utente: questa volta abbiamo registrato 315 nit e un rapporto di contrasto di 490:1. Comportamento sempre molto buono per quanto riguarda il triangolo di gamut e infine una fedeltà cromatica sensibilmente migliore, con tutti i campioni entro la soglia di Delta E 3. Il profilo Cinema, al di là del nome, si rivela essere il più versatile per la maggior parte degli impieghi restituendo una resa abbastanza corretta, magari formalmente non impeccabile, ma sicuramente di buon livello.
Pur trattandosi di un monitor dedicato non nello specifico a particolari tipologie di impiego che richiedano elevata cura per guanto riguarda l’aspetto della fedeltà cromatica, vediamo comunque che tra i parametri è presente la possibilità di calibrare i singoli colori primari e complementari per saturazione e tinta. Agendo su questi parametri è possibile, per chi è dotato di colorimetro, effettuare le opportune regolazioni a seconda di specifiche esigenze, ma in ogni caso la maggior parte degli utenti potrà affidarsi con efficacia ai profili preimpostati.
Altro elemento che si aggiunge alla versatilità del monitor è il supporto all'HDR. Chiaramente come avviene nella maggior parte dei casi quando si ha a che fare con un monitor consumer non specificatamente votato alla visione dei contenuti in High Dynamic Range, la luminanza massima è comunque limitata, in questo caso abbiamo registrato circa 300 candele per metro quadro. La curva di gamma misurata descrive però un comportamento non proprio impeccabile, con tutti i livelli della scala di grigio che risultano meno luminosi rispetto a quanto dovrebbero essere. Insomma, la visione dei contenuti HDR è sì possibile, ma non ci si può aspettare una resa e un coinvolgimento come quanto accade su schermi specializzati.
Un monitor di indubbia versatilità
Il tratto distintivo di questo LG è la versatilità grazie sia allo schermo ampio, sia al comportamento al colorimetro. Un'impostazione ultra-wide come quella di questo monitor consente di allestire assetti che hanno la stessa efficacia di stazioni di lavoro multi-monitor, ma senza pagare eccessivamente dazio sul versante degli ingombri e facilitando inoltre di molto l'aspetto delle connessioni al sistema.
La gestione di uno spazio di lavoro così ampio è poi facilitata dall'utility OnScreen Control che LG mette a disposizione per il download sul proprio sito web. Grazie ad essa abbiamo la possibilità di suddividere lo schermo in zone "virtuali" a cui destinare l'apertura di specifiche applicazioni, di gestire modalità Picture-in-Picture (ma solo per le app, il monitor infatti non prevede la possibilità di visualizzare contemporaneamente il segnale di due fonti esterne) e anche gestire via software le regolazioni dell'OSD.
Per quanto concerne il comportamento del pannello e la qualità di immagine ci troviamo davanti ad una soluzione abbastanza poliedrica, che non eccelle in nessun aspetto ma è in grado di adattarsi a svariate esigenze e ambiti di impiego: sarebbe del tutto riduttivo relegarlo solamente ad "uso ufficio" a fronte di quanto è capace di esprimere alle misure strumentali. Anche la possibilità di sfruttare la tecnologia AMD FreeSync (anche se solamente a 75Hz) conferma la vocazione "jack of all trades" di questo monitor, e anche la presenza degli altoparlanti lo rende adatto ad un impiego multimediale e aiuta a tenere sgombra la scrivania da casse esterne. Pur con un comportamento di buon livello, ci sentiamo di escludere però l'uso di questo monitor per chi ricerca assoluta fedeltà cromatica per lavori professionali di fotoritocco, stampa e grafica.
LG 34WN750 viene proposto al pubblico ad un prezzo di listino di Euro 449,00 esclusa IVA, con uno street price di circa Euro 480,00 al momento della pubblicazione di questo articolo: si tratta di una somma di una certa consistenza, che tuttavia appare giustificata in relazione alla qualità del pannello e alla versatilità che uno strumento di questo tipo riesce ad offrire, sia per le caratteristiche intrinseche di un pannello ultra-wide, sia per l'implementazione che ne ha fatto LG. Dopotutto due monitor di qualità confrontabile costerebbero di più, e con gli ovvi fastidi di ingombro e allestimento.
L’AGON AG493UCX da 49" (124 cm) con aspect ratio di 32:9 è un monitor pensato per stuzzicare il palato dei giocatori. Con frequenza di aggiornamento di 120 Hz e tempo di risposta dell'immagine in movimento (MPRT) di un solo millisecondo (4 ms GtG), il nuovo monitor di AOC vanta una risoluzione di 5120x1440 pixel. Parliamo di un pannello VA curvo con una curvatura di 1800R (raggio di 1,8 m).
FreeSync Premium Pro di AMD elimina problemi di stutter e tearing e offre una bassa latenza anche con HDR abilitato. Rispetto a una configurazione a doppio monitor, in cui le cornici, per quanto sottili possano essere, si trovano inevitabilmente al centro dell'attenzione, l'AG493UCX offre uno spazio sullo schermo senza interruzioni.
Gli utenti possono anche dividere a metà lo schermo grazie alla modalità Picture by Picture, che mostra due diverse sorgenti in 16:9 affiancate. Oltre alla modalità Picture by Picture, il monitor offre lo switch KVM per più sorgenti di ingresso e connettività USB-C. Lo switch permette di utilizzare la stessa combinazione di mouse e tastiera per due PC. L'AG493UCX è predisposto anche per l'ingresso del display USB-C (tramite la modalità DP Alternate) e, ad esempio, può fornire 65W tramite l’USB-C Power Delivery a un laptop collegato.
Il pannello VA produce un rapporto di contrasto nativo di 3000:1, una luminosità massima di 550 nit, 121% di sRGB, 90% di AdobeRGB e 90% di copertura della gamma DCI-P3 e offre angoli di visione di 178/178°. Abbiamo certificazione DisplayHDR 400 VESA. Ecco il resto delle caratteristiche tecniche.
Supporto robusto da 100 mm di altezza, regolabile a -3.5/13.5° di inclinazione e orientabile di -15.5/15.5°
2x speaker da 5W
2 HDMI 2.0 e 2 DP 1.4 inputs
3-porte USB 3.1 hub con input USB-C (video e power delivery da 65W)
Contatore di fotogrammi FPS e Dial Point (reticolo overlay)
3 modalità personalizzabili dall'utente, in totale 6 modalità di gioco per diversi generi
Tecnologia FlickerFree e modalità Low Blue
Un nuovo, elegante OSD e OSD software (AOC G-Menu)
Il monitor AOC AGON AG493UCX sarà disponibile in Europa a partire da dicembre 2020 ad un prezzo consigliato di €1.089. Va in diretta competizione con la soluzione Odissey QLED di Samsung.
Abbiamo già avuto modo di provarlo in anteprima, ma l'Asus ZenBook Flip S (UX371) è finalmente disponibile all'acquisto, sul sito ufficiale Asus e prossimamente su Amazon al prezzo di 1599 euro con Asus Pen in dotazione che supporta 4096 livelli di pressione, oltre a due adattatori, uno da USB-A a RJ45 e uno da USB-C to audio jack.
ZenBook Flip S (UX371) è un portatile convertibile con touchscreen OLED 4K da 13,3 pollici certificato PANTONE, una copertura del gamut DCI-P3 del 100%, certificazione VESA DisplayHDR 500 True Black per il contrasto e TÜV Rheinland per la protezione degli occhi.
Si tratta di uno dei primi portatili certificati Intel Evo, un sinonimo di prestazioni elevate, reattività, autonomia e trasportabilità (pesa 1,2 kg ed è spesso 13,9 mm). Come avrete capito, è un notebook basato su piattaforma Tiger Lake, più precisamente sui processori Intel Core i7 di 11a generazione con grafica integrata Intel Iris Xe, combinata a 16 GB di RAM e un SSD M.2 PCIe 3.0 x4 fino a 1 TB.
ZenBook Flip S si contraddistingue per il design premium, figlio della "finitura Jade Black" con inserti con taglio a diamante a contrasto in color rame e una barra decorativa in alluminio spazzolato. La cerniera ErgoLift a 360° consente di usare il prodotto in qualsiasi angolatura: in modalità classica da portatile, completamente piegato a tablet o in qualsiasi via di mezzo come in modalità stand o a tenda. ZenBook Flip S dispone inoltre di NumberPad 2.0, ossia il touchpad che diventa alla bisogna tastierino numerico, lasciando così spazio a una tastiera estesa.
Il prodotto di Asus ha un insieme di porte completo, tra cui una HDMI full-size, due Thunderbolt 4 USB-C e una USB 3.2 Gen 1 Type-A. Non mancano la connettività Wi-Fi 6 (802.11ax) con Bluetooth 5.0, una webcam a infrarossi per l'autenticazione con Windows Hello, così come un sistema di microfoni con cancellazione del rumore e due speaker certificati Harman Kardon.
La batteria (67 Wh) consente un'autonomia che Asus indica in 10 ore circa, valore che nei nostri test si è confermato solo nella visione di contenuti su Netflix. Il portatile è dotato di tecnologia di ricarica rapida, in modo da riottenere il 60% di autonomia in meno di un'ora.
Di recente il brand cinese ha lanciato un nuovo notebook, Chuwi LarkBox, pensato per qualsiasi lavoro d'ufficio in mobilità e per l'intrattenimento quotidiano. Adotta un display da 13,3" Full HD, ma la caratteristica peculiare è che pesa solamente 1 chilogrammo nelle dimensioni tipiche di un foglio di carta A4. Sotto la scocca il (poco entusiasmante) Intel Celeron N4120 corredato da un comparto memorie di tutto rispetto: 8 GB di RAM e 256GB di storage su SSD.
Peso contenuto grazie alla lega di alluminio-magnesio
Chuwi si è sempre contraddistinta sul mercato per le sue soluzioni estremamente economiche, tuttavia su questo modello possiamo assistere ad implementazioni di tutto rispetto. Prima di tutto lo chassis in lega di alluminio-magnesio, che consente di contenere un notebook da 13,3" in un prodotto che pesa solamente 1 chilogrammo (il 30% in meno rispetto a molti altri prodotti dalle dimensioni simili). Lo spessore dello chassis è inoltre di soli 11,9 millimetri.
Sotto la scocca abbiamo un processore Intel Celeron N4120, con quattro core e quattro thread a frequenza di 2.4GHz in modalità turbo. Rispetto al modello N3350 può offrire un aumento nelle prestazioni del 45% in single-core e del 90% in multi-core, il tutto con un design da 6W e sistema passivo per quanto riguarda la dissipazione del calore. Lo schermo Full HD da 13,3" garantisce una buona precisione dei colori e, insieme al comparto audio stereo con supporto al DTS su quattro speaker integrati, offre una resa di alto livello con film e contenuti multimediali in generale.
Chuwi LarkBook è pensato per offrire una soluzione agli utenti che vogliono creare un "mobile office", un ufficio in mobilità, senza disdegnare l'intrattenimento multimediale. I bassi consumi energetici garantiti dal processore integrato, il buon comparto memorie, e il display Full HD sono perfetti non solo per il lavoro quotidiano, ma per tutte le esigenze base di qualsiasi tipo di utente.
I Chromebook mi hanno sempre intrigato ma non ho mai avuto occasione di testarli con mano. Intestardito dalle mie abitudini e poco propenso ai cambiamenti, ho sempre rimandato l'appuntamento con Chrome OS, promettendomi che, un giorno o l'altro, l'avrei messo alla prova per capire personalmente di che pasta fosse fatta questa "terza via" nel mondo dei portatili. E per fortuna che l'occasione è arrivata, perché tra sistemi operativi desktop sempre più simili a quelli mobile - vedi Big Sur, che da iOS e iPad OS prende spunto per la sua rinnovata interfaccia - e tablet (ma non solo) che con tastiera e touchpad stanno diventando seri concorrenti dei PC volevo davvero trovare (e provare) il senso di un Chromebook.
Il modello testato è l'Acer Chromebook 714, macchina dotata di processore Intel Core i3, 8GB di RAM, 64GB di memoria interna e display IPS LCD da 14" con risoluzione FHD e (nella versione in mio possesso) pannello touch. Se questo è il corpo, l'anima è, ovviamente, Chrome OS.
CARATTERISTICHE TECNICHE
OS: Chrome OS
display: IPS LCD 14" FHD touch
processore: Intel Core i3-8130U dual-core (8a generazione) @2,2GHz
grafica: Intel UHD Graphics 620
memoria: 8GB DDR4 SDRAM condivisa
64GB interna
connettività: WiFi 5, Bluetooth 4.2
audio: microfono, speaker stereo
porte: 1x USB 3.1 gen1 Tipo A, 2x USB 3.1 gen1 Tipo C
tastiera: retro illuminata
batteria: alimentazione 45W
altro: lettore microSD e microSDXC
dimensioni e peso: 323x17,7x238,6mm
1,6kg
colorazione: grigio acciaio
STESSE COSE, MA IN MODO DIVERSO
Se vi aspettate un PC in grado di sopportare carichi di lavoro pesanti resterete delusi; se sperate che la scocca non abbia scricchiolii e che il design sia degno dell'ultimo ultrabook top di gamma, beh, meglio cercare altro. Ma se cercate una soluzione snella, immediata, senza troppe pretese e per l'uso quotidiano, ecco allora che questo Acer può fare al caso vostro. Fa tutto, ma in modo diverso.
Lo si accende, si fa il login con l'account personale Google et voilà, si è già operativi. Tutto ciò di cui si necessita è già qui: i documenti di lavoro su Drive, gli scatti dell'ultima vacanza su Foto, i siti preferiti su Chrome. Ed è questa la sua bellezza: qualunque Chromebook, anche non nostro, può diventare nostro all'istante. Basta inserire mail e password, e in un attimo i documenti personali, foto, video, cronologia e preferiti sono a disposizione. In pratica, per apprezzare davvero un Chromebook bisogna essere capaci di intenderlo come una porta di accesso (ai nostri dati) in cui hardware, software e cloud si fondono alla perfezione.
Acer ha ben interpretato le necessità di chi si affida ad un prodotto del genere realizzando un dispositivo veloce, duttile e, a suo modo, dalle prestazioni eccellenti. Siamo nella fascia alta, e si vede: Chromebook 714 è sufficientemente leggero (1,6kg) ma è decisamente robusto (MIL-STD 810G), è sottile (17,7mm) e le dimensioni sono in generale contenute (323x238,6mm). La scocca è in alluminio e il display da 14" è circondato da cornici tutto sommato accettabili (specie sul lati corti).
La tastiera è ben fatta, ampia, dai tasti ben distanziati e dal feedback preciso, anche se il rumore risulta essere un po' plasticoso durante la digitazione e la retroilluminazione è troppo timida e non ben distribuita tra le file dei tasti. Pro e contro che ritroviamo anche nel trackpad, spazioso, sì, e ricoperto in Gorilla Glass, ma con un suono alla pressione delle dita che ritengo essere sottotono rispetto alla qualità generale del portatile.
LIMITATO A CHI?
Peccato non aver avuto la possibilità di portarmelo in giro, per provarlo in una vera mobilità: il tipo di lavoro che faccio e soprattutto il parziale lockdown in atto mi impediscono di allontanarmi troppo dall'ufficio di casa. É anche vero però che mai come in questo periodo ho apprezzato la sua efficacia, saltando dal computer desktop al Chromebook senza soluzione di continuità: la filosofia del cloud imperversa ormai nel nostro modo di lavorare e non è certo una sua esclusiva, ma questo dispositivo la incarna alla perfezione ed ho apprezzato moltissimo la possibilità di iniziare un'attività ad esempio su un file Documenti Google su desktop per poi ritrovarmela pronta all'uso sullo schermo da 14", la cui dimensione è ideale per continuare a editare i file di testo (e non solo) senza dover strabuzzare gli occhi.
Chromebook 714 mette a disposizione un pannello, sì, solo FHD, ma di buona fattura e leggibilità, nonostante mostri qualche difetto sotto la luce diretta e nella lettura ad alcune angolazioni. La finitura è lucida per via della presenza di un pannello touch, altro elemento che ho gradito e che mi ha consentito di diversificare l'interazione con il dispositivo a seconda dell'esigenza del momento.
Confrontandomi con i colleghi e documentandomi in rete ho spesso sentito parlare dei Chromebook come di prodotti limitati nell'esperienza d'uso, a volte persino frustranti perché poco leggibili, lenti e non in grado di sopportare certi carichi di lavoro. Non si può pretendere l'impossibile su questo genere di macchine - chi ha esigenze di un certo tipo deve rivolgersi ad altro - ma più volte mi sono meravigliato di come questo Acer (e del suo processore Intel Core i3) sia stato capace di eseguire task - anche più di una contemporaneamente - in modo fluido, senza battere ciglio.
Operazioni che vengono svolte in modo eccellente senza incidere troppo sui consumi: Chromebook 714 si comporta bene, garantendo un'autonomia attorno alle 8 ore con illuminazione massima. Insomma, ideale non solo per chi lavora, ma anche per studenti fuori casa tutto il giorno e pendolari. E con la presa USB-C è facile ricaricare l'Acer in mobilità, magari affidandosi ad un powerbank. Nota negativa sulla batteria: in standby i consumi sono troppo elevati. Non aspettatevi dunque di richiudere lo schermo per qualche ora per non farlo scaricare e ritrovarlo poi alla stessa percentuale di batteria. In questi casi, considerata la rapidità con cui il dispositivo si attiva, è sempre meglio spegnerlo del tutto.
Apprezzo la promiscuità tra strumenti di lavoro "tradizionali" e l'infinito mondo delle app Android disponibili sul Play Store (ma anche delle estensioni da Chrome Web Store), così come la libertà di svolgere alcune attività quando non si è collegati alla rete. E le possibilità crescono di giorno in giorno: si pensi ad esempio alle app Windows che sbarcano su Chrome OS grazie a CrossOver, basata sui container Linux, in attesa della soluzione che la stessa Google sta implementando in stretta collaborazione con Parallels.
Per non parlare poi della funzionalità Linux (in beta) che consente di eseguire strumenti, editor di codice e IDE di Linux sul Chromebook. L'opzione è disattivata di default, ma dal menu Impostazioni è facilmente attivabile e configurabile. Insomma, una versatilità che man mano sta crescendo, e di cui gli stessi utenti si stanno sempre più rendendo conto visto l'ottimo andamento dei Chromebook sul mercato.
Avere tutte le app e gli strumenti di cui si ha bisogno immediatamente a disposizione è un vero piacere. Il desktop lo si può ovviamente personalizzare secondo il proprio gusto, e il menu, le impostazioni e l'assistente sono a portata di clic (o di tocco). Sì, l'assistente Google, piacevolissimo plus a disposizione dell'utente che temevo fosse più indiscreto, e invece è lì, pronto a prestare aiuto, senza tuttavia essere troppo ingombrante. Utilissimo per rapidi consulti: un calcolo veloce, la ricerca di un link, la richiesta di un approfondimento o la consultazione del calendario.
Note dolenti vengono da audio e webcam, entrambi non all'altezza della situazione: il primo tende a gracchiare, soffrendo su alti e bassi (meglio usare le cuffie: c'è anche il jack da 3,5mm), la seconda invece permette, sì, di effettuare videochiamate con un campo visivo piuttosto ampio, ma la qualità dell'immagine fatica a raggiungere la sufficienza specie in condizioni di scarsa luminosità, dove i dettagli lasciano spazio ad un visibile rumore.
L'UTENTE IDEALE É...
Acer Chromebook 714 è tra le migliori soluzioni che si possano trovare sul mercato se ci si vuole affidare a Chrome OS. É ben costruito, è robusto, ha un design che non sfigura affatto ed è leggero e compatto a sufficienza per poter essere portato con sé a scuola, al lavoro o in viaggio. E poi basta aprirlo per essere catapultati immediatamente all'interno dell'ecosistema di Google: documenti, foto, video, file, musica e app sono tutti lì, accessibili all'istante. Certo che il Chromebook dà il meglio di sé quando è online, ma è pur sempre possibile lavorare anche offline: appena ci si ricollega alla rete la sincronizzazione con il proprio account avverrà automaticamente.
L'utente ideale è dunque colui che vuole un portatile per svolgere le classiche attività quotidiane, sia lavorative sia di studio, avendo tutto ciò che serve a portata di mano, subito. Basta un account Google, nient'altro. E il bello di Chrome OS è che gira alla perfezione anche con hardware non da top gamma, permettendo così in generale di mantenere accessibile il prezzo. Acer Chromebook 714 lo ritengo una scelta perfetta, ma rispetto ad altre soluzioni analoghe forse è un po' troppo caro: il "premium" lo si paga, ma di questo si viene ripagati con l'utilizzo quotidiano. Certo, non è esente da difetti e limitazioni, ma un prodotto come questo lo si sceglie soprattutto per avere accesso immediato a tutto ciò che ci serve, con il vantaggio di avere a disposizione infinite app Android e l'intero ecosistema dei servizi Google.
PERCHÉ NON UN PORTATILE "TRADIZIONALE"?
Dipende dall'utilizzo che se ne fa: chi necessita di più strumenti, software e potenza, è meglio che punti su altro. Il Chromebook di Acer è la soluzione più snella per chi non ha particolari esigenze che esulino da ciò che Google mette a disposizione nel suo ecosistema (app Android incluse). E in più è veloce nonostante l'hardware non sia all'ultimo grido.
PERCHÉ NON UN TABLET CON TASTIERA?
La differenza tra mondo Chrome OS e Android/iPadOS si sta assottigliando in diversi aspetti. Le tastiere in vendita come accessorio permettono al giorno d'oggi di trasformare radicalmente tablet come Galaxy S7 o iPad Air 4 in veri e propri portatili (si pensi ad esempio all'interfaccia DeX). Pur appartenendo alla fascia alta dei Chromebook, questo Acer ha dalla sua il prezzo più basso rispetto a quello del binomio tablet+tastiera che può comunque rappresentare una valida alternativa.